Tra il pensare e il fare...
Se vuoi essere triste nessuno al mondo può renderti felice.
Ma se decidi di essere felice nessuno
e niente può toglierti la felicità!
Paramahansa Yogananda
Questo è un articolo complicato. Spero di riuscire a farmi capire.
Per molto tempo ho fatto l'errore che, credo, fanno tutti coloro che si approcciano alle 5 Leggi Biologiche ed alla NMG. Mettere la psicologia a maestra della vita; confonderla con la vita stessa. Abbassare la psicologia a livello biologico, rimestare ciò che invece è e rimane separato.
Psicologia e Biologia sono rispettivamente olio e acqua.
Se si mettono insieme si separano in modo ben definito. Solo se li si scuote energicamente si mescolano (emulsione), per poi tornare a separarsi quando tutto è calmo.
Ho capito che la singola persona, nel momento del suo shock biologico, può mescolare il suo olio e la sua acqua.
Credo che lo shock biologico sia un evento che determina un tremendo rimescolamento interno alla persona, dove pensiero e azione sono frantumati e rimescolati. La biologia è cosi scossa, da agitare per forza anche la psicologia.
La differenza tra biologia e psicologia è che la seconda può esistere solo in presenza della seconda e mai viceversa. La biologia può esserci senza psicologia, la psicologia ha bisogno del substrato biologico per poter esistere.
La biologia rappresenta il regno del fare, dove fare è compiere delle azioni e delle funzioni. È il regno della materia,che racchiude in se l'energia.
La psicologia rappresenta il regno dell'essere, dove essere è pensare. È il regno del significato.
La differenza tra queste due sfere è fondamentale. Senza il fare non esiste l'essere. Senza aver adempiuto alle funzioni biologiche, non è possibile pensare. Il pensare ha un tempo legato al fare e con un esempio spero di rendere più chiara la mia esposizione.
Se ho fame devo adempiere alla funzione di mangiare. Posso pensare che non è il momento, che ho altro da fare, che quello che c'è non mi piace, ma posso farlo per un tempo limitato, passato il quale il fare prende il sopravvento, giungendo a farmi piacere ciò che di solito non gradisco o a farmi fermare per mangiare. Il fare prevale sempre sul pensare.
Il conflitto biologico è l'emulsione in cui fare e pensare collidono.
Supponiamo che io viva una condizione di pericolo biologico, in cui il fare è impossibilitato da un pensare deleterio.
Il mio fare entra in conflitto con il mio pensare. Il mio fare quindi diventa più urgente e forte, si modifica. La materia si crea se necessario, o si disgrega se necessario, in funzione di bypassare il mio pensare e procedere quindi con la vita. Il significato di quella materia in più o in meno è: risolvere il momento di stop nel fare.
Se il mio pensare tende a dilungarsi nel tempo, il mio fare diventerà sempre più forte e diverso. Avrò quindi delle manifestazioni oggettive di questo mio conflitto interiore. Manifestazioni che si chiamano "malattia".
Se anche cogliessi le ragioni del conflitto, non è sufficiente saperne le ragioni, ma diventa necessario fare qualcosa per tornare ad una armonia tra fare e pensare. Stante che fare è il presupposto indispensabile per poter pensare, è solo modificando il mio modo di pensare che potrà ridarmi un corretto modo di fare.
Se sto annegando, è inutile continuare a pensare che ciò sia ingiusto e/o pericoloso. Per salvarmi devo nuotare!
Nota a margine.
Per troppo tempo mi sono presunto in grado di capire cosa succedesse alla persona ed ho fatto stoltamente quello che fanno molti esseri pensanti, applicare il valore psichico mio personale agli eventi. Ho fatto l'errore di ricondurre l'evento biologico al pensiero, alla sfera psicologica.
Ho riscosso un discreto consenso per i modi, forse gentili, con cui mi sono avvicinato alla gente, ma ho continuato a mescolare psicologia con biologia.
Chiedo scusa per questo mio errore e per aver creduto di aver capito il meccanismo.
Compito di chi è all'esterno, nel processo di supporto e aiuto, è di non mescolare l'aspetto psichico della persona con quello biologico. Deve poter cogliere i due fluidi in modo separato, aiutando la persona a non continuare a scuotere se stessa, in modo da non tenersi in una emulsione instabile.
Io ancora non ne sono capace.