Il Problema di Procuste
25 gennaio 2020
Vi sono persone che non capiscono,
ma non capiscono con grande autorità e competenza.
Leo Longanesi
Procuste, chiamato anche Sillis, è un personaggio della mitologia Greca. Era un criminale che lavorava come locandiere. Era convinto che tutti gli uomini dovessero essere alti 1 metro e 70 centimetri. Egli stesso misurava 170 cm e si rendeva conto che non tutti avevano la stessa altezza, ma era così convinto di avere ragione che pensava che quelli che misuravano di più si erano dimenticati di smettere di crescere e quelli che non raggiungevano l'altezza ideale, erano tali perché si erano dimenticati di crescere. Nella realtà i fatti non contraddicevano le sue credenze di base. Di conseguenza le camere del suo albergo misuravano 170 cm di altezza.
Durante la cena, mescolava un sonnifero nelle bevande dei viaggiatori, in modo che quando cadevano profondamente addormentati, tagliava i piedi a quelli troppo alti e stirava violentemente i più bassi, con corde e pesi. La mattina seguente tutti misuravano 170 cm, ma erano tutti morti od orribilmente mutilati.
Tutti i terapeuti, di qualsiasi disciplina, corrono il rischio di cadere nel problema di Procuste, in modo inconscio. Questa metafora serve ad illustrare la perversione dell'ideale e nel conformarsi ad esso.
È un simbolo della teoria etica e intellettuale che esercitano coloro che non tollerano le azioni e le opinioni altrui, ad eccezione del caso in cui queste coincidano con i propri criteri.
Una persona (terapeuta) rigida e inflessibile, che preferisce mettere in dubbio gli altri terapeuti, invece di mettere in discussione se' stesso. Questa persona crede a questo e riorganizza il mondo esterno in funzione di ciò che crede.
Il conflitto di Procuste, è come essere tanto sicuri in ciò che si crede, da sentire il dovere di inculcare negli altri le proprie credenze e non accettarne altre; tentare di imporre ciò in cui si crede agli altri...
Non dimentichiamo che sebbene si posseggano tutti gli strumenti per decodificare la biologia, può esserci qualcosa, qualche tipo di tessuto che può alterare tutto quello che facciamo verso le persone, per il semplice motivo che volendo inculcare le nostre credenze, possiamo determinare la comparsa di un altra conflitto in quelle persone.
Non dobbiamo credere per forza che ciò che facciamo sia il meglio o l'unica cosa che può funzionare; non dobbiamo per forza cavalcare quell'idea... la flessibilità verso altre terapie, verso altri modi di curare, è una forma di rispetto.
Questi strumenti e protocolli possono aiutarci ad essere più cauti, più elastici nel nostro tipo di lavoro e ad accettare altri tipi di terapia.
Dobbiamo essere consci che c'è un ampio campo da investigare e che ci sono cose che ancora non si sono scoperte.
È fondamentale, come terapeuti, accogliere ed avere un atteggiamento protettivo, permissivo e soprattutto, non dobbiamo giudicare.
Dobbiamo essere cauti a non passare da sapientoni o a non predire un futuro che non esiste. Potremmo essere tentati di convalidare le nostre credenze, mediche o di altro tipo, costringendo il paziente ad entrare forzatamente nel nostro quadro di riferimento.
Questa abitudine è la conseguenza del mancato ascolto corretto della persona. L'ascolto attivo si estende all'osservare il linguaggio non-verbale, all'ascoltare i termini che pronuncia la persona. Il non farlo ci conduce ad una diagnosi non corretta e ad effettuare false associazioni nella lettura dei sintomi.
Per esempio:
Non dobbiamo dare per scontata nessuna soluzione al conflitto, potrebbe esserci un altro tipo di conflitto sottostante, che non conosciamo e non sappiamo quali tessuti sono stati coinvolti...
Dobbiamo stare attenti... Il terapeuta deve tener conto, per se' stesso, di questo conflitto sottostante e non va condotto il paziente in base alle nostre credenze...
Nel 1995 una rivista specializzata realizzò uno studio sulla relazione tra allattamento ed eczemi. I risultati dimostravano che i bimbi svezzati in anticipo soffrivano di eczema con una frequenza superiore di quella di bimbi in cui l'allattamento era durato più a lungo.
Gli autori di questo studio saltarono alla conclusione che nel latte materno dovesse esserci un anticorpo che proteggesse i bimbi dalle manifestazioni eczematose.
È in questa conclusione che si manifesta il complesso di Procuste, in quanto i risultati dichiarati possono essere interpretati in ben altro modo, alla luce della Biodecodificazione. Questa sosterrebbe che i bimbi che sono stati svezzati anticipatamente hanno sofferto di un conflitto di separazione, che colpisce l'epidermide e provoca eczema. Dal punto di vista biodecodificatore, ciò che succede non è tanto nella qualità del latte materno, quanto nella percezione del bimbo e di sua madre.
Fino al 1995 dicevamo tutti che era il sole a provocare il cancro della pelle. Tuttavia uno studio dimostrò, senza ombra di dubbio, che il melanoma compare spesso in aree non direttamente esposte ai raggi solari, anzi, spesso in aree nascoste all'esposizione della luce diurna. In Giappone il 40% dei cancri della pelle compare sulla pianta dei piedi in una proporzione 5 volte superiore a quelli comparsi sulle mani. Inoltre l'incidenza dei melanomi nel nord della Scozia è dieci volte superiore a quelli registrati nelle popolazioni mediterranee. Quindi la prossimità all'equatore non è un fattore di rischio per il melanoma cutaneo.
Si può dire che siamo nel problema di Procuste quando affermiamo che il sole sia la causa del cancro della pelle. È una relazione causa/effetto che, in realtà, è totalmente arbitraria.