
Altruismo biologico
13 03 2025
Se aiuti gli altri, verrai aiutato.
Forse domani, forse tra un centinaio d'anni, ma verrai aiutato.
La natura deve pagare il debito. È una legge matematica e tutta la vita è matematica.
George Ivanovitch Gurdjieff
L'altruismo biologico è un fenomeno complesso in cui un organismo riduce il proprio successo riproduttivo per favorire quello di altri individui, spesso legato a meccanismi evolutivi come la selezione di parentela e la reciprocità. Questo comportamento, apparentemente contraddittorio rispetto alla teoria della selezione naturale, trova spiegazioni in dinamiche genetiche e vantaggi indiretti.

1. Meccanismi evolutivi
- Selezione di parentela: spiega come l'altruismo sia favorito tra individui imparentati: un organismo aumenta la diffusione dei propri geni aiutando parenti stretti. Esempi includono gli insetti sociali (api, formiche), dove le operaie rinunciano a riprodursi per sostenere la regina, loro madre o sorella. L'altruismo biologico negli insetti sociali si manifesta attraverso comportamenti cooperativi che favoriscono la sopravvivenza della colonia a scapito del successo riproduttivo individuale. Questi meccanismi trovano spiegazione nella selezione di parentela e nel fitness inclusivo, dove il vantaggio genetico indiretto prevale sugli interessi del singolo. Gli imenotteri (api, formiche, vespe) presentano un sistema di determinazione del sesso aplo-diploide: i maschi nascono da uova non fecondate (aploidi), mentre le femmine da uova fecondate (diploidi). Questo comporta che le sorelle condividano il 75% dei geni tra loro, rispetto al 50% con la propria prole. Le operaie rinunciano a riprodursi: investendo nelle figlie della regina (loro sorelle), massimizzano la diffusione dei propri geni.
- Altruismo reciproco: si osserva invece tra individui non imparentati, basato su scambi vantaggiosi nel tempo, come nella toelettatura tra primati.
2. Esempi nel regno animale e vegetale
- Insetti:
- le operaie di imenotteri: sostengono la colonia sacrificando la propria riproduzione, con un vantaggio genetico dato dall'aploidia (condizione in cui nella cellula è presente un unico set cromosomico) dei maschi.
- Ragni Stegodyphus: le madri si lasciano divorare dalla prole, aumentando le probabilità di sopravvivenza dei piccoli.
- Dictyostelium mucoroides: amebe che formano strutture multicellulari dove alcune cellule muoiono per permettere ad altre di riprodursi.
- Piante di soia: riconoscono i parenti e riducono la competizione, aumentando la resa collettiva.
- Mammiferi:
- Pipistrelli vampiro: rigurgitano sangue per nutrire compagni affamati o malati, formando legami di "amicizia" basati su scambi futuri.
- Delfini: sostengono membri feriti del branco per ore, spingendoli in superficie per respirare, anche a rischio di predazione.
- Scimpanzé: condividono cibo con il gruppo senza ricompensa immediata e aiutano umani o simili in difficoltà.
- Bufali africani: attaccano predatori per salvare membri della mandria catturati.
- Cercopitechi verdi: emettono richiami per avvertire del pericolo, aumentando il proprio rischio di attacco.
- Suricati: individui non riproduttivi aiutano a nutrire e proteggere i piccoli della coppia dominante. Un membro della guardia che avverte mentre gli altri si nutrono in caso di attacco da parte di un predatore.
- I lupi e i cani selvatici riportano la carne ai membri del branco non presenti all'uccisione; in condizioni difficili, la coppia riproduttiva di lupi si prende la quota maggiore per continuare a produrre cuccioli.
- Le manguste sostengono gli animali anziani, malati o feriti.
- I procioni informano i conspecifici sui luoghi di alimentazione attraverso gli escrementi lasciati sulle latrine comuni . Un sistema informativo simile è stato osservato essere utilizzato dai corvi comuni.
- I babbuini maschi minacciano i predatori e coprono la retroguardia mentre il gruppo si ritira.
- I gibboni e gli scimpanzé con del cibo, in risposta a un gesto, condivideranno il loro cibo con gli altri membri del gruppo. Gli scimpanzé aiuteranno gli umani e i loro conspecifici senza alcuna ricompensa in cambio.
- Le scimmie vervet emettono richiami d'allarme per avvertire le loro compagne della presenza di predatori, anche se così facendo attirano l'attenzione su di sé, aumentando le loro possibilità personali di essere attaccate.
- I lemuri di tutte le età e di entrambi i sessi si prenderanno cura dei piccoli non imparentati con loro.
- I trichechi sono stati visti adottare orfani che avevano perso i genitori a causa dei predatori.
- Le balene megattere sono state osservate mentre proteggevano altre specie dalle orche.
- I cavalli maschi di Przewalski sono stati osservati mentre adottavano comportamenti di intervento quando i membri del loro gruppo erano minacciati. Non facevano distinzione tra parenti e non parenti. È stato teorizzato che potrebbero farlo per promuovere la coesione del gruppo e ridurre la disgregazione sociale all'interno del gruppo.
- Pesci:
- Labroides dimidiatus: pesci pulitori che rimuovono parassiti da predatori più grandi, ottenendo protezione e cibo in cambio.
- Ciclidi del lago Tanganica: esemplari non dominanti allevano prole altrui, aumentando il successo genetico indiretto.
- Harpagifer bispinis: maschi non imparentati proteggono uova di altri pesci nell'Antartide, senza benefici diretti.
3. Forme di altruismo
- Rinuncia riproduttiva:
-
Api operaie: sviluppano organi riproduttivi atrofizzati e dedicano la vita alla raccolta di cibo, alla difesa dell'alveare e all'allevamento delle larve della regina.
Formiche soldato: sterili, proteggono la colonia da predatori e invasori, spesso sacrificandosi in battaglia.
- Difesa della colonia:
- Autotisi: alcune specie di formiche (Camponotus saundersi) e termiti (Globitermes sulphureus) espellono sostanze tossiche rompendo il proprio corpo, morendo per neutralizzare minacce.
- Gamberi Synalpheus regalis: formano colonie eusociali con una femmina riproduttiva e membri non riproduttivi che difendono il gruppo.
- Cure collettive:
- Allevamento cooperativo: nelle vespe, le operaie nutrono e proteggono le larve della regina, garantendo la continuità genetica della colonia.
- Termiti operaie: costruiscono e riparano il nido, mantengono l'umidità e forniscono cibo alle ninfe.
Alcuni studi negano l'esistenza di un altruismo "puro" negli animali, sostenendo che sia sempre legato a vantaggi genetici o reciprocità. Tuttavia, ricerche neuroscientifiche evidenziano basi biologiche dell'empatia anche in specie come ratti e cani, sebbene negli umani si intreccino con fattori culturali.
Alcuni studi sottolineano che questi comportamenti non sono "altruisti" in senso umano, ma risposte adattive guidate da vantaggi genetici. Tuttavia, la complessità sociale osservata (come la suddivisione dei ruoli e i sistemi di comunicazione) evidenzia un altruismo obbligato, dove il successo individuale è inseparabile da quello della colonia.
L'altruismo biologico sfida l'idea semplicistica della "sopravvivenza del più adatto", mostrando come cooperazione e sacrificio individuale possano essere strategie evolutive efficaci, specialmente in contesti di alta parentela genetica o reciprocità garantita.
4. Nell'umano
L'altruismo biologico, radicato in meccanismi evolutivi e neurologici, influenza profondamente la vita umana attraverso dinamiche che favoriscono la sopravvivenza, il benessere emotivo e la coesione sociale.
Il comportamento altruistico trova origine nella selezione di parentela, dove aiutare i consanguinei aumenta la trasmissione dei geni comuni. Questo spiega perché gli esseri umani tendono a proteggere i familiari, incrementando indirettamente il proprio successo riproduttivo. I gesti altruistici attivano i centri cerebrali del piacere, come dimostrato dalle neuroscienze. Questa attivazione genera una sensazione di benessere, incentivando comportamenti prosociali anche verso non parenti. Il sistema di ricompensa cerebrale spiega perché aiutare gli altri può ridurre lo stress e aumentare la felicità individuale.
Tuttavia, sebbene l'altruismo abbia basi biologiche, è modellato da fattori culturali ed educativi. Studi evidenziano che l'empatia e le norme sociali amplificano o inibiscono queste tendenze innate. Ad esempio, contesti culturali che valorizzano la cooperazione rafforzano i comportamenti altruistici, creando società più resilienti.
- Collaborazione: attraverso meccanismi di reciprocità (ad esempio, scambi di favori).
- Riduzione dei conflitti: poiché la cooperazione aumenta la fiducia reciproca.
- Sostegno alle comunità: come dimostrato da pratiche di mutuo aiuto in gruppi umani.
In sintesi, l'altruismo biologico agisce come un pilastro evolutivo che sostiene sia la sopravvivenza genetica sia la costruzione di relazioni sociali complesse, integrandosi con influenze ambientali per plasmare comportamenti umani cooperativi.
Verosimilmente le interazioni sociali sono state basate sull'aiutarsi (contare sull'aiuto altrui e offrire spontaneamente aiuto), per cui il concetto del "Ci aiutiamo a vicenda per ottenere qualcosa e poi ognuno riceverà la sua parte!" è croce e delizia. Croce perché nel coinvolgimento c'è il rischio di ricevere danni o incontrare la morte (come quando i cacciatori insieme cacciavano prede di grandi dimensioni), mentre se non collaboro posso essere sicuro di sopravvivere; delizia perché allo sforzo segue una ricompensa, che è poi il motore delle azioni devolute alla sopravvivenza.
Questa reciprocità si contrappone all'egoismo per cui un individuo non partecipa all'impresa per avere salva la pelle, ma poi si presenta a riscuotere la sua parte per non morire (furbizia).
Evoluzionisticamente questo comportamento è svantaggioso perché, oltre al rifiuto mostrato dagli altri a dare una parte non meritata, da' all'egoista quella nota di diversità che lo isola dal contesto di una socialità sicura, equilibrata, armonica e condivisa, per cui l'egoista ha meno possibilità di trovare un partner per continuare la specie. I suoi geni avranno quindi poche probabilità di essere trasmessi alla generazione successiva, stabilizzando così evolutivamente la cooperazione e le interazioni sociali a qualsiasi livello di complessità sia la norma in quella popolazione.
Per gli esseri umani, un'azione sarebbe definita "altruistica" solo se fosse compiuta con l'intenzione consapevole di aiutare un altro. Tuttavia, in senso biologico non esiste tale requisito.
5. 5LB e Altruismo biologico
Tutto questo "spiegone" per arrivare dove?
Per arrivare a capire e comprendere su quali meccanismi si basano le intricate, complesse e apparentemente insanabili attivazioni biologiche siano esse territoriali e non territoriali. Premetto che quanto segue è solo un costrutto teorico, da verificare, valutare e soggettivizzare, quindi parto con il definire quali siano i foglietti embrionali coinvolti in questo senso.
Io penso e suppongo che l'altruismo biologico, in campo umano, abbia a che fare con:
- Endoderma: relativamente alle tematiche legate al boccone di sopravvivenza ed alla possibilità riproduttiva;
- Mesoderma antico o laterale: relativamente a protezione e scudo;
- Mesoderma recente o dorsale: la competizione e l'intenzione, quindi capacità e adeguatezza;
- Ectoderma: relativamente a contatto (riconoscimento, integrazione), identità (definizione del ruolo) e spazio vitale (privacy e relazione intima).
Come esposto nei capitoli precedenti, l'altruismo biologico è diffuso in molte specie animali e vegetali e dal momento che filogeneticamente risaliamo ad una radice comune, questo altruismo è innato in ogni essere umano. Solo con l'apprendimento di regole sociali, con l'esperienza legata a collaborazione, fedeltà, tradimenti e ad emozionalità diversificate, l'altruismo biologico viene alterato per giungere persino all'egoismo ed alla distruzione del prossimo non determinata da esigenze di sopravvivenza (guerre politiche, antagonismi sportivi e politici e tutte le amenità umane di cui siamo e siamo stati testimoni negli ultimi anni).
Mi permetto di definire tre tipi di altruismo:- spontaneo: sviluppato senza interesse o aspettativa di un ritorno, tipico dei bambini (che tendono spontaneamente a collaborare e ad aiutare), delle madri e dei padri accudenti e maturi nei riguardi dei propri figli (che giungono ad immolare se' stessi per salvare la prole), o tra adulti in caso di emergenza (aiutare sconosciuti ad avere salva la vita). In altre parole è un altruismo emotivo, non mediato - o scarsamente mediato - da intelletto e ragione che risponde alla naturale tendenza a garantire e supportare sviluppo ed evoluzione non solo del singolo ma anche del gruppo e, per esteso, la specie stessa;
- obbligato: sviluppato non spontaneamente ma in osservanza di regole e sfumature culturali che oltrepassano la spontaneità, come nel caso dell'accudimento - dato per scontato - verso individui con i quali non si sviluppa una relazione emozionale e intima come nei casi esposti al punto precedente. Un individuo che accudisce per dovere un parente non è biologico, ma sociale, culturale. Non sono pochi i casi in cui l'altruismo forzato determini patologie nell'accudente obbligato (figli che sono costretti a rivestire un ruolo genitoriale nei confronti dei loro stessi genitori; nipoti che devono fare da badanti ai nonni rinunciando alla loro libertà e via di questo passo). La patologia è data dal mancato progresso evolutivo, ma da un regresso evolutivo;
- negato: sviluppato non spontaneamente ma in osservanza di regole religiose, sociali, politiche per le quali ad un moto spontaneo di altruismo si contrappone l'obbligo a non intervenire, pena rappresaglie o punizioni molto violente. Non è difficile osservare membri singoli di gruppi o correnti sociali che, pur spinti all'altruismo biologico, sono costretti a far finta di nulla di fronte a evidenti difficoltà di un individuo appartenente alla fazione avversaria. Ancor peggio quando si applica una violenza soppressiva per la vita altrui. La biologia viene soppressa in risposta a obblighi e negazioni totalmente non biologici. Il regresso evolutivo è garantito.
Va da se' che l'altruismo spontaneo favorisce l'evoluzione e lo sviluppo di una società protesa al miglioramento delle condizioni di tutti ed è difficile che si determini la comparsa di attivazioni biologiche. Ad esempio: io credo che nel fenomeno della caccia, che vede dei predatori abbattere un membro di una mandria di erbivori, questa preda ha spesso caratteristiche di debolezza lentezza e "predabilità" e penso che ci sia un senso in questo. Stante che l'individuo debole e lento ha più probabilità di cadere preda, non è insensato supporre che l'animale più debole si consegni al predatore per salvare il resto più giovane del gruppo e garantire la prosecuzione (la zebra anziana che cerca di sfuggire alle leonesse, ma quel tanto che basta affinché il branco si dia alla fuga, per poi cedere all'assalto e garantire la sopravvivenza del gruppo dei giovani). Anche dal lato del predatore, questo si "accontenta" della preda "anziana" per non consumare tutte le energie per raggiungere un giovane, anche se muscolarmente potrebbe essere più ricco di alimento. Nell'altruismo economico, si ottiene il maggior effetto per entrambi, ossia che il gruppo delle prede si salva e il gruppo dei predatori ottiene il proprio sostentamento.
Quando l'altruismo è obbligato, la possibilità che si avviino attivazioni biologiche è più elevata. La mancanza di libertà può determinare attivazioni a carico delle strutture di movimento in termini di inadeguatezza e impotenza ("Non riesco ad uscire da questa casa!", "Non riesco a conquistare la mia libertà!") configurandosi il conflitto tra ciò che si vorrebbe liberamente fare e la adeguatezza per farlo. Non ci sono impedimenti esterni, ma la percezione di non riuscire supportato da un forte senso di colpa.
Nei termini di obbligo e impedimento ("Non posso fare la mia vita!", "Non posso mancare a questo obbligo familiare!", "Devo rassegnarmi a portare questa croce!") si configura lo stesso conflitto ma con impedimenti esterni invalicabili generanti un percepito di ingiustizia, rabbia, rancore e costrizione.
Fibromialgie, sclerosi multipla, paralisi, atrofie, autoimmunità di vario genere, pur essendo delle etichette, alludono a condizioni per cui alla fine l'individuo perde persino il controllo di se'.
6. Conclusioni
Concludo dicendo che non si vive e non si muore senza una ragione e un senso. Entrambe risiedono nella gestione di ciò che per la Natura è la cosa fondamentale: evolvere, proseguire. Il cucciolo che cade in una buca viene soccorso dagli adulti, anche quelli non imparentati con lui. Chi lo aiuta di fatto (padre e madre) e chi aiuta chi aiuta, come il sorvegliare il territorio per avvertire della presenza di predatori e contrastarli. Tutto ciò ha senso se è possibile ed eco-biologico farlo. Ma può intervenire una condizione tale per cui il cucciolo è lasciato al suo destino perché l'incaponirsi a salvarlo mette a rischio l'intero branco. Come dico nei miei corsi, in Natura nulla si spreca e nulla si risparmia e l'altruismo biologico, agito o rinunciato, risponde a questa legge. Accanirsi per salvare un individuo, mettendo in crisi il gruppo a cui apparteneva, non migliora le opportunità di vita del soggetto e peggiora le opportunità di libertà ed evoluzione del gruppo. Duro da considerare, forse anche cinico, ma ecologico e biologico. La vita è un dono, una opportunità e mai può essere di ostacolo alla sua prosperità. La morte del microindividuo (il singolo soggetto) può garantire o favorire la vita del macroindividuo (il gruppo, l'etnia, la specie) conducendolo ad una sicura evoluzione perché il dolore della perdita non è inutile.