Attivazioni Biologiche

L'Evoluzione 1 e 2

13 ottobre 2021
Perla saggia:
Nel processo evolutivo va avanti chi è capace di cooperare,
riuscendo così meglio a sopravvivere e a perpetuare la specie.

Robert Nozick
Tratto da "No es posible curarse sin aprender a vivir" di Fernando Callejón e Guillermo Hernández Plata
Traduzione e adattamento di Giorgio Beltrammi
In questo articolo tratteremo di evoluzione del genere umano; di come l'uomo è passato dalla posizione quadrupede a quella eretta e il perché; di come la femmina umana ha sviluppato il proprio corpo ed il proprio comportamento; di come l'uomo sia passato dal vivere in modo solitario al cacciare in gruppo; del perché si è passati dalla poligamia alla monogamia.
Scopriremo il ruolo del "vantaggio evolutivo" e delle ragioni che hanno spinto l'uomo a differenziarsi dai primati.
Scopriremo il ruolo del linguaggio nell'evoluzione sociale e nella genesi dei conflitti biologici.
Tratteremo di paura, dei meccanismi cerebrali che la gestiscono, del ruolo dell'amigdala nella gestione emotiva e dell'ippocampo nella gestione e funzionamento della memoria.

1. Evoluzione 1

L'evoluzione ha un concetto economico della vita. Usa ciò che ha già, prende ciò che funziona e scarta ciò che è inutile. Non si ricomincia mai da zero. Ottiene il massimo da ciò che è rimasto. Come una madre, prende ciò che “rimane” dal pasto di mezzogiorno per farne qualcosa che "lo ricorda" ma non è lo stesso.
Darwin ha parlato, nelle sue indagini, di discendenza con modifiche. Tramite la ereditarietà e le sue variabili, i tratti utili alla sopravvivenza di una specie, in un dato contesto, sono diventati nel tempo caratteristiche di quella specie; vale a dire, coloro che hanno superato le prove e gli ostacoli proposti dall'ambiente in cui vivevano, sono sopravvissuti e i loro discendenti hanno ereditato i tratti che glielo avevano permesso. Così, molte delle caratteristiche attuali esistono solo perché hanno contribuito alla sopravvivenza dei nostri antenati, anche se non ci sono più utili.
Le portiamo con noi. A volte ci sono di grande aiuto e a volte possono essere una seccatura.

Tutto sembra indicare che l'evoluzione è passata dal più semplice al più complesso. Da piccoli esseri lenti, deboli e inefficaci ad altri che, dopo essere stati sottoposti a test di sopravvivenza, sono stati in grado di salvarsi con la loro forza e forma fisica.
Da questo superamento (che di solito si chiama selezione naturale) ci furono piccole mutazioni che sono state poi "legalizzate" esprimendosi nel materiale genetico.
Le mutazioni genetiche si verificarono solo quando c'era una certa minaccia alla sopravvivenza. Furono piccole mutazioni, per accumulo, che provocarono i grandi cambiamenti negli esseri viventi attraverso la storia.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare la natura conservatrice dell'evoluzione. Un esempio è la permanenza dello stesso linguaggio genetico nel cervello dei vertebrati, anche quando il linguaggio genetico degli altri organi è stato differenziato. Possiamo dire che siamo tutti membri della stessa famiglia. La formazione di un embrione umano infatti ricorda l'evoluzione di tutti i vertebrati: pesci, anfibi, rettili, uccelli, mammiferi. Diciamo che l'ontogenesi è una riproduzione della filogenesi. L'essere ripete storie evolutive.

1.1 Cervello

Quello che proveremo ora è un'approssimazione della funzione del cervello in tutti questi processi e il modo in cui evolutivamente si è creata quell'intima relazione tra ostacoli allo sviluppo della vita e la risposta che il cervello è stato in grado di organizzare come strategia di sopravvivenza.
Cominciamo col dire che tutti i vertebrati hanno un'organizzazione neurologica simile.
Il cervello, sul suo asse verticale, si divide in:

Il cervello non è un semplice organo ma un sistema complesso composto da diversi sottosistemi che sono emerse in diverse fasi dell'evoluzione delle specie animali.
La parte più antica è il Tronco cerebrale, che si trova nella parte posteriore. È responsabile delle funzioni di base della vita animale. Sopra e dietro il Tronco c'è il Cervelletto, un sottosistema quasi autonomo che controlla il movimenti, principalmente non volontari e ne assicura il coordinamento.
In cima al Tronco c'è il Talamo che costituisce il mesencefalo ed è attraverso cui passa la maggior parte degli impulsi sensoriali.
A partire dai mammiferi compaiono l'Ipotalamo, la Corteccia cerebrale e i Nuclei sensoriali.
Il prosencefalo viene assorbito dalla corteccia, che è divisa in sensoriale, motoria e associazioni che sono distribuite in due emisferi uniti da un agglomerato di fibre nervose chiamato Corpo calloso.
Due milioni di anni di trasformazioni graduali hanno prodotto anche un cervello grande in rapporto alle dimensioni del corpo umano.


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Il nostro cervello cresce, nello stadio embrionale, come se appartenesse ad un adulto di 500 Kg. di peso. Ciò che determina la sproporzione del cervello rispetto al corpo è l'eccesso di crescita della corteccia prefrontale o neocorteccia, che nell'evoluzione ha invaso le altre regioni del cervello con i loro assoni, compresi i nuclei del tronco e del midollo spinale, regioni su cui altri primati non hanno alcun controllo volontario.
Lo stare in piedi posizionava le corde vocali in modo da favorire la respirazione controllata. Così, i motoneuroni che controllano la laringe e la respirazione sono stati lasciati sotto il controllo della neocorteccia e questo ha reso gradualmente possibile la capacità di parlare.
Ciò iniziò a verificarsi due milioni di anni fa nella specie Homo Habilis e finì di essere perfezionato 200.000 anni fa.
La capacità di parlare ha rappresentato un vantaggio di sopravvivenza impressionante, che ha determinato un sistema con le proprie leggi e che definiva l'unicità dell'essere umano, che continua comunque a rispondere alle stesse leggi biologiche di tutti gli animali, ma che ha aggiunto questo sistema alla sua evoluzione: il linguaggio umano.

1.2 Mappe cerebrali

L'idea che le emozioni fossero localizzate in aree specifiche del cervello è dovuta, in parte, ai cosiddetti “frenologi” che, nell'Ottocento e sulla base degli studi di Gall, avevano eseguito una palpazione delle irregolarità del cranio e attribuito loro certe caratteristiche della personalità. Così parlavano di aree dell'intelligenza, della memoria, volontà, ecc.
Alcuni degli studi frenologici hanno raggiunto una tale sottigliezza da descrivere le cose più intime della personalità di un individuo, solo attraverso la palpazione del suo cranio. La facilità di accesso alla profondità di un essere umano e i suoi desideri più profondi l'hanno resa la psicologia domestica dell'era vittoriana. Gli eccessi di alcuni frenologi, venuti a descrivere emozioni sconosciute ancora oggi, ha provocato la reazione di un gruppo di scienziati che riteneva false tutte le descrizioni frenologiche. Con esse alcuni delle valutazioni di Gall che, ironia della sorte, a distanza di tanti anni oggi sono ritenute vere. A quei tempi si sapeva molto meno anatomicamente di quanto sappiamo oggi. Il frenologi hanno contribuito con l'idea che ci siano aree specifiche del cervello che si occupano di certe emozioni. Oggi accettiamo che ci siano effettivamente delle aree che intervengono specificamente nella rilevazione del pericolo, nella ricerca del cibo, nel comportamento riproduttivo, ecc.

Nel 1861, Paul Broca fu il primo ricercatore sul cervello a localizzare un'area specifica e che era quella del linguaggio, anche se nel 1906 Marie mostrò che i pazienti di Broca avevano ferita molto più ampie di quelle indicate da lui.
Nel 1929, Karl Leshley, con le sue tecniche di ricerca con lesioni sul cervello dei ratti, ha dimostrato la capacità di alcune aree del cervello di assumere la funzione di altre aree danneggiate.
Nacque così una polemica tra i "locazionisti" (seguaci di Broca) e gli "olisti" (seguaci di Lashley) mediata dal canadese Donald Hebb nel 1949, che sosteneva che i modelli comportamentali sono gradualmente formati da connessioni di insiemi di cellule chiamate assemblaggi. All'inizio della vita sono molto specifici ma facilmente trasferibili. Con l'età, sorgono comportamenti più complessi e con sedi più aspecifiche.

Negli anni '50, Penfield e Rasmussen divisero la corteccia in due emisferi, dei quali uno è dominante con funzioni analitiche e l'altro subordinato con funzioni sintetiche.
David Hubel e Torsten Wiesel vincono il Premio Nobel per la Medicina nel 1981 per la loro ricerca con elettrodi sulla corteccia dei gatti che dimostra che non tutte le funzioni sono preprogrammate alla nascita. Inoltre, ci sono neuroni che rispondono solo a forme specifiche di informazione.

Ciò che possiamo dire oggi è che ogni processo mentale non ha un solo luogo cerebrale dove viene processato. Il modo in cui le informazioni che raggiungono gli occhi attraverso la luce diventino una rappresentazione mentale, prevede che passino attraverso numerose sottozone prima di raggiungere la corteccia visiva del lobo occipitale. Si deve parlare di catene che formano moduli, non più di aree e funzioni sciolte o solitarie.
Non si può parlare nemmeno di una funzione cerebrale. L'evoluzione ha agito pochissime volte sul cervello nel suo insieme, lo ha fatto principalmente sui singoli moduli le cui funzioni possono essere tanto variabili quanto la possibilità di respirare o l'elaborare comportamenti di difesa del territorio o di identificazione con un gruppo. Scappare dal pericolo è un comportamento emotivo che tutti gli animali devono avere per sopravvivere. Per il cervo che scappa, il pesce che nuota e l'uccello che vola, l'obiettivo è sempre lo stesso: separare l'organismo da ciò che minaccia la sua vita.
I comportamenti istintivi dell'uomo, provengono da prototipi utili anche per altre specie animali. La Natura ha ritenuto opportuno lasciare intatto il meccanismo preposto a tale funzione. Nel cervello dell'uomo è incluso anche il cervello del rettile e questo non fa dell'uomo un rettile, ma in certi momenti, questo cervello rettiliano può agire con una certa indipendenza dal cervello moderno dell'uomo.
Per ora accettiamo che i meccanismi cerebrali più primitivi, utili alla pura sopravvivenza dei nostri antenati, sono conservati intatti nel nostro cervello di uomini privilegiati.

Studiare le emozioni da una prospettiva evolutiva ci permette di sapere che, di fronte alla presenza di diversi ostacoli, alla persistenza della vita e al tempo stesso di diversi stimoli dell'ambiente, si sono definiti diversi meccanismi neuronali responsabili della risposta a questi stimoli. È così che si sono formati diversi moduli con funzioni indipendenti ma complementari, a seconda delle aree cerebrali che hanno risposto agli stimoli.
Ad esempio, diciamo che i meccanismi cerebrali responsabili dei ricordi con significato emotivo sono distinti dai meccanismi che elaborano i ricordi cognitivi, anche quando gli stimoli sono gli stessi.
Il primo meccanismo (le cosiddette valutazioni emotive), anatomicamente, ha una rapporto diretto con ciò che controlla le risposte fisiche. Questo non è il caso dei meccanismi cognitivi. Saperlo ci permette di sapere che quando il cervello rileva un evento con significato emotivo, esegue automaticamente una serie di risposte fisiche in precedenza programmate. Queste risposte sono ciò che l'evoluzione ha "ritenuto" appropriato per le minacce alla sopravvivenza, rimanendo, da quel momento, connesse al meccanismo di valutazione emotiva. Comprendiamo che questo meccanismo, che oggi si attiva nei nostra cervelli privilegiati, è stato generato prima del linguaggio e della coscienza.

1.3 Emozioni e sentimenti

È importante distinguere le emozioni dai sentimenti. L'emozione è la tendenza ad avvicinarsi o allontanarsi da una cosa precedentemente valutata. In nessun modo è un processo cognitivo, cioè un pensiero sulla situazione in cui ci troviamo. Occorre ripetere che emozione e cognizione sono funzioni mentali indipendenti e complementari creati da meccanismi cerebrali dalle stesse caratteristiche.
Le valutazioni emotive possono essere stabilite senza sapere cosa si sta valutando. Quando si studiarono pazienti con cervello diviso (con interruzione delle connessioni tra i due emisferi), si osservò che non potevano nominare le cose che toccavano con la mano sinistra ma potevano dar loro un significato emotivo. Quando furono sottoposte le immagini della madre o del diavolo, pur senza avere la possibilità di identificarli, li hanno accettati o rifiutati. Si potè concludere che c'era un elaborazione emotiva che non era cosciente.
Quindi i meccanismi che originano quella valutazione chiamata emozione sono processi inconsci. Occorre evitare di confonderli con la percezione o la memoria di questi stessi processi da parte della coscienza, stato che chiamiamo sentimento.
La separazione di entrambi i processi non è una sottigliezza teorica ma è un fatto molto importante comprendere l'origine e lo sviluppo della malattia.

1.4 Da Papez a Lacan

Riferendoci alla Prima legge enunciata dal Dr. Hamer, sappiamo che ogni malattia ha la sua origine in un conflitto biologico e che questo si iscrive contemporaneamente nel cervello e nel organo.
Osserviamo il modo particolare in cui l'evoluzione cerca di adattarsi con le risposte di sopravvivenza agli ostacoli che l'ambiente propone.
Così abbiamo visto che gli organi derivati ​​dal foglietto primitivo crescono e proliferano con il chiaro senso di deglutire, digerire o eliminare il boccone.
I tessuti di origine mesodermica manifestano il loro senso biologico quando riempiono le necrosi durante la fase riparativa e in questo modo riescono a diventare più forti (il sarcoma cresce fino a indurire l'area che ha subito la lesione).
I tessuti di origine ectodermica reagiscono alla minaccia di sopravvivenza producendo ulcere e quindi fanno più spazio ai dotti che rivestono, per favorire la loro funzione (il carcinoma duttale cerca di far uscire più latte). Tutte le risposte organiche hanno questo significato biologico: aiutare la sopravvivenza dell'individuo e/o quella della specie. Questo processo richiede una serie di meccanismi che si basano sul cervello: comportamenti, pensieri, tendenze, emozioni.

Per avvicinarci un po' alle intricate connessioni tra la psiche, il cervello e l'organo ci addentriamo un po' in quello che la scienza sa, finora, del luogo dove sono regolati questi meccanismi.
Quando iniziò a essere indagato il cervello degli animali, si osservò che se veniva stimolata elettricamente un'area specifica, si verificavano movimenti di alcune aree del corpo.
Quella zona del cervello era chiamata corteccia frontale ed è attualmente chiamata corteccia motoria. Asportando quell'area, i movimenti erano difettosi o non venivano eseguiti. Quello che ha richiamato l'attenzione era che rimuovendo completamente la corteccia dai gatti, le emozioni di questi animali erano conservate. Fino a quel momento si credeva che le emozioni fossero controllate dalla corteccia sensoriale e motoria. I gatti non solo mostravano le zanne e masticavano, ma gli si sono dilatate le pupille e gli si è alzata la pressione sanguigna. In molti dei casi segnalati, la rabbia dei gatti era incontrollabile. Si è concluso che l'azione della corteccia era di inibire le risposte emotive già scatenate.
Il tessuto cerebrale continuò ad essere rimosso ulteriormente e, quando fu raggiunto l'ipotalamo, le risposte emotive sono risultate parziali. A quel tempo era attribuito alla regolazione ipotalamica del sistema nervoso autonomo. Si credeva che gli impulsi invece di andare alla corteccia, erano andati all'ipotalamo e questo ha attivato le risposte tipiche delle emozioni attraverso il sistema nervoso autonomo. Si cominciò a dire che i sentimenti dipendevano dalla corteccia per le fibre che la collegavano all'ipotalamo. Ricercatori della statura di James e Cannon hanno spiegato che gli eventi coscienti sono la conseguenza di processi inconsci che si verificano in precedenza.


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Possiamo immaginare la corteccia cerebrale come un pane. La parte bianca è la corteccia media o rinencefalo, che è responsabile del controllo delle funzioni sensoriali e motorie delle emozioni. La crosta è la corteccia laterale o neocorteccia, che controlla le funzioni sensoriali e motorie che elaborano i nostri pensieri.
Nel 1937 Papez, basandosi su questa conoscenza, descrisse i sentimenti come un flusso di impulsi attraverso connessioni che vanno dall'ipotalamo alla corteccia mediana e poi di nuovo all'ipotalamo.

Secondo questo ricercatore, i dati sensoriali al raggiungimento del talamo sono divisi in due canali:

Nello stesso periodo, si scoprì che quando veniva rimosso il lobo temporale di una scimmia, se aveva fame portava alla bocca tutti gli oggetti, da una mela a una vite. Questa assenza di significato per gli stimoli era nota come sindrome di Kluber-Bucy.
Nel 1949, Paul MacLean integrò la teoria di Papez con la sindrome di Kluber-Bucy e le teorie Freudiane. Da una tale combinazione deriva uno dei contributi più brillanti alle funzioni del cervello. Era nota l'importanza dell'ipotalamo nelle emozioni e della corteccia nei sentimenti. Si sapeva anche che la neocorteccia non aveva connessioni con l'ipotalamo e quindi entrambi non potevano attivare le risposte del sistema nervoso autonomo. Chi aveva tali connessioni e quelle possibilità era la sostanza bianca cerebrale. MacLean cominciò a stimolare elettricamente il cingolo e l'ippocampo, che fino ad allora erano stati conosciuti come rinencefalo e ha avuto cambiamenti nella respirazione, nella pressione sanguigna e nella frequenza cardiaca.
Osservò che la funzione olfattiva nell'uomo, come in altri mammiferi superiori (delfini e focene), era irrilevante rispetto ad altri animali, eppure il rinencefalo ha raggiunto un livello massimo di sviluppo.
Così decise di cambiare il nome di rinencefalo in "cervello viscerale" e concluse che la neocorteccia influenza la muscolatura del corpo e le funzioni dell'intelletto e il cervello viscerale è colui che organizza il comportamento a determinati impulsi di base, come procurarsi cibo, fuggire o attaccare, riprodurre, ecc.
Negli animali primitivi, questo cervello viscerale era il centro superiore. Con la comparsa della Neocorteccia nei mammiferi, sono emerse funzioni superiori come il pensiero e il linguaggio.
Tuttavia il cervello viscerale è intatto nell'uomo e svolge le stesse funzioni di quelle dei nostri lontani antenati. Secondo MacLean, i sentimenti emotivi portano con sé l'integrazione delle sensazioni prodotte da stimoli esterni con sensazioni viscerali all'interno del corpo.
Ha suggerito che questa integrazione ha avuto luogo in un luogo nel cervello viscerale chiamato ippocampo, chiamato così per la sua somiglianza con il cavalluccio marino. Le cellule in questa regione sono distribuite ordinatamente una accanto all'altra come se fosse una tastiera dove scorrono gli accordi delle nostre emozioni.

Questa struttura cellulare della corteccia ippocampale la rende molto efficace nel generare risposte, ma molto inefficiente (rispetto alla struttura della neocorteccia) nell'analizzare gli stimoli.
Si potrebbe dire che il cervello viscerale gestisce le informazioni in modo rozzo e primitivo. La sua capacità di analizzare i simboli è molto limitata, non potendo, ad esempio, concepire il colore rosso come lunghezza d'onda specifica o come parola di quattro lettere, ma associandolo ai fiori o il sangue.
Se esistesse solo il cervello viscerale che assocerebbe concetti disgiunti, senza la partecipazione analitiche e discriminanti del cervello moderno, le correlazioni disgiunte porterebbero a tutti i tipi di comportamento fobico e compulsivo, poiché le impressioni verrebbero trasmesse direttamente all'ipotalamo e ai centri inferiori.

MacLean ha detto che mangiare cibo, in determinate circostanze, sarebbe la rappresentazione simbolica di fenomeni psicologici che possono essere osservati nei bambini e nelle tribù primitive: ostilità verso una persona, bisogno di protezione, paura della privazione, dolore di una separazione.
Nel 1952 designò il cervello viscerale come "sistema limbico", formato dal circuito di Papez, il nucleo dell'amigdala, il setto pellicidum e la corteccia prefrontale.
Nel 1970 introdusse la teoria del cervello ternario, secondo la quale il prosencefalo passava attraverso tre stadi evolutivi che chiamò rettiliano, paleomammifero e neo-mammifero, con milioni di anni di distanza l'uno dall'altro.
Ognuno di questi cervelli ha la sua intelligenza e la sua memoria, anche il suo senso del tempo e dello spazio. L'uomo e i mammiferi avanzati hanno i tre cervelli. Fondamentalmente, il sistema limbico è il cervello paleomammario.

Oggi il concetto di sistema limbico, che è alla base di tutta la teoria di MacLean, non è solo messo in discussione, ma autori della statura di Ledoux affermano che semplicemente il sistema limbico non esiste.
Con metodi moderni, sconosciuti a MacLean, è stato dimostrato che l'ipotalamo è in realtà connesso con l'intero sistema nervoso, anche con la neocorteccia. Pertanto, il sistema limbico dovrebbe assolutamente comprendere l'intero cervello. Né MacLean conosceva la funzione prevalentemente cognitiva dell'ippocampo o l'importanza del tronco cerebrale nella regolazione del sistema nervoso autonomo.

1.5 Circa i tempi

Cosa ci dice Hamer? Che la Natura ha le sue leggi. Non averle riconosciute ha portato la medicina a profonde idee sbagliate. Le attuali linee di ricerca e le proposte terapeutiche della scienza medica sono largamente basate su questi errori. Gli interventi medici che non aiutano a capire queste leggi e ancor più quelle che agiscono direttamente contro di loro, tendono a creare nuovi conflitti che saranno causa di nuove malattie. Una logica indubbiamente riduzionista, su cui si affida la medicina, confonde i fatti osservabili della malattia (alterazioni molecolari, genetiche, biochimiche, presenza di microbi) con la loro causa. Quello che proponiamo è una logica possibile in cui l'evoluzione, come forza che connette in uno scambio permanente l'essere vivo con tutto ciò che lo circonda, è fondante.
Quando i cambiamenti che l'evoluzione richiede sono fatti con i tempi dell'adattamento e della selezione naturale - cioè, con il metodo che di solito richiede milioni di anni per giungere al suo obiettivo - siamo in presenza dei cosiddetti cambiamenti biologici dell'evoluzione: la comparsa degli alveoli polmonari, degli epiteli che ricoprono le coronarie, ecc.
Quando vengono apportate quelle stesse modifiche senza rispettare i tempi di adattamento e selezione naturale - cioè con un metodo senza analisi o discriminazione - siamo in presenza delle cosiddette alterazioni patologiche della malattia: cancro, AIDS, ecc.
Lo stimolo è lo stesso sia per il cambiamento biologico che per il cambiamento patologico. I tempi di risposta però sono diversi. Abbiamo le cellule degli alveoli del polmone che hanno richiesto milioni di anni per adattarsi al loro nuovo ruolo e sono stati selezionati dopo essere stati testati e scartati forse migliaia di volte, formando così un organo in grado di catturare l'ossigeno dall'aria. All'inizio erano primitivi, crebbero senza ancora raggiungere il loro obiettivo ma si specializzarono poco a poco.
Prendiamo ad esempio le cellule del carcinoma alveolare del polmone, alcune primitive, altre più differenziate. Crescono senza raggiungere l'obiettivo biologico, ma cercano la soluzione in un tempo inadeguato all'evoluzione. Producendo una proliferazione cellulare disordinata e invasiva, la sostanza bianca cerebrale ha risposto al segnale di mancanza di ossigeno, per il panico della morte. Ha innescato l'intero meccanismo ipofisario-ipotalamico che porta il corpo a una predominanza del sistema ortosimpatico e delle corrispondenti aree cerebrali (tronco cerebrale) che avviano la proliferazione delle cellule responsabili della cattura dell'ossigeno dall'aria. Non era una risposta necessaria alla sopravvivenza.

Ciò che ha determinato l'avvio di questo processo era:
  1. la difficoltà nella partecipazione della neocorteccia, dovuta al verificarsi di eventi sorprendenti, ad alto impatto drammatico e vissuto in una percezione di isolamento;
  2. l'esistenza nella memoria del cervello di programmi - datati a milioni di anni precedenti - che sono stati utili per l'adattamento ai problemi di sopravvivenza.

Questi programmi sono indipendenti dal meccanismo della coscienza. Possono attivarsi per fatti non percepiti dalla coscienza e anche da significati non percepiti da fatti coscienti.
Quando studieremo il processo della memoria, della coscienza e della funzione dell'amigdala, potremo espandere ulteriormente questo nodo causale a cui ci stiamo avvicinando.

La verità è che dobbiamo cominciare a riconoscere che:
  1. alla malattia partecipano fattori diversi dai cosiddetti agenti eziologici o nocivi;
  2. la relazione dell'essere vivente con il suo ambiente è scritta nel suo cervello e questo testo può essere letto nel cervello dell'uomo;
  3. da questa lettura possiamo trarre conclusioni sull'esistenza di un sistema psiche-cervello-organo che agisce come un'unità in ogni atto dell'essere vivente;
  4. questa unità vive in una costante interrelazione con l'ambiente e risponde a esigenze di quest'ultimo di adattarsi alle nuove condizioni di vita;
  5. i requisiti biologici fondamentali sono stati quelli della nutrizione, della riproduzione e del difendersi;
  6. prima di ciascuna di queste esigenze, l'essere vivente si è dovuto adattare con mutazioni che gli hanno permesso di sopravvivere;
  7. il lungo processo di mutazione è inscritto nel cervello primitivo dell'uomo come un programma attivabile;
  8. questa attivazione può avvenire nell'uomo, senza la reale esistenza di una esigenza biologica, dalla partecipazione di un cervello verbale che applica metafore del significante biologico (la preda) e le trasforma in psicobiologia (desiderio);
  9. quando il programma primitivo di mutazione si attiva di fronte alla minaccia alla sopravvivenza, le connessioni di quelle aree del cervello con quelle che ordinano le risposte degli organi sono anatomicamente dirette;
  10. che la considerazione delle cause efficienti (molecolari, genetiche e biochimiche che si verificano nella malattia) devono essere integrate con le cause finali (il sistema ontogenetico dei tumori, dei microbi e il senso biologico della malattia) realizzando così una medicina correlata alle leggi naturali.

2. Evoluzione 2

Perla saggia:
Le persone credono di essere libere
semplicemente perché sono consapevoli delle proprie azioni
e inconsapevoli delle cause che determinano tali azioni

Baruch Spinoza

2.1 Storia dell'evoluzione

È nell'embriologia umana che troveremo l'esempio più drammatico della Evoluzione. Se tutti gli organismi pluricellulari si sono sviluppati da singole cellule, è perché hanno avviato mutazioni nel DNA cellulare. Questi cambiamenti sono stati registrati e, nello studiare lo sviluppo di un embrione umano, accediamo alla storia dello sviluppo di una cellula semplice evoluta in una specie specifica.

La prima prova fossile di vita sulla terra risale a quattro miliardi di anni. La vita che dominava la terra, due miliardi di anni fa, era rappresentata dalle cellule fotosintetiche. Cinquecento milioni di anni dopo, la forma più elevata era quella dei protozoi unicellulari. Organismi invertebrati (spugne, vermi, molluschi e spugne di mare) apparvero seicento milioni di anni fa. Duecento milioni di anni dopo apparvero i vertebrati e i pesci furono i primi sulla scala evolutiva. Sono nati gli anfibi cento milioni di anni dopo. Ma, solo cento milioni di anni fa, gli uccelli si separarono dai rettili e comparvero i mammiferi. Questi, dopo l'improvvisa estinzione dei dinosauri, avvenuta 75 milioni di anni fa, divennero la forma animale dominante. I primi primati sono stati datati a quaranta milioni di anni fa, e gli ominidi - un primate che camminava in posizione eretta - è apparso cinque milioni di anni fa.
Il nostro antenato biologicamente umano, conosciuto come Homo Sapiens, si trovava in Africa e in Europa circa 100.000 anni fa.

La storia dell'evoluzione è una storia di catastrofi successive. La situazione che ha permesso sempre la comparsa di nuove forme di vita era lo squilibrio tra i bisogni biologici e le fonti di risorse per soddisfarli. Quando riempirono la loro nicchia ecologica ed ebbero bisogno di nuove risorse, i pesci hanno cominciato a nutrirsi di piante terrestri e si sono evoluti in anfibi. Questi, riempiendo la loro nicchia, hanno creato un altro squilibrio ecologico che ha permesso la comparsa dei rettili. È successo tutto a causa della carenza di nutrienti e il miglioramento (o vantaggio) evolutivo è stato trovare altre fonti di risorse.
Definiamo miglioramento evolutivo il cambiamento che aumenta la complessità di un organismo e, allo stesso tempo, invece, la sua entropia diminuisce. Questa complessità dipende dalla sua efficienza riproduttiva e dalla sua competitività per sopravvivere. L'entropia è il grado di disordine molecolare che esiste in organismi termodinamici.
Attualmente viviamo in uno squilibrio ecologico, non solo a causa della carenza di nutrienti per la maggior parte dei nostri simili, ma per la deviazione di tutte le fonti alimentari ad uso esclusivamente umano, escludendo molte altre specie animali. Inoltre, è da notare un fatto nuovo nella storia dell'evoluzione: la sterilizzazione e la contaminazione delle fonti di nutrimento (oceani, atmosfera, foreste, ecc.)

2.2 Generalizzazione e specializzazione

Chiamiamo specie "generalizzata" quella che può sopravvivere in ambienti diversi. Se sopravvive solo in un certo ambiente, viene chiamata "specializzata". Queste ultime sono quelle che vanno incontro alla estinzione.
Il gradino più alto della scala evolutiva è sempre stato occupato dalle specie più generalizzate (una che potrebbe svolgere più funzioni e sopravvivere ai cambiamenti ambientali) e più complesse (la cui efficienza e competitività dipendono dalla loro massa cerebrale).
Quaranta milioni di anni fa, questo gradino era occupato dai primati. Potevano vivere sia a terra che sugli alberi, ma senza distinguersi o specializzarsi in nessuno di questi ambienti. Erano onnivori e avevano mani e piedi prensili.
Quando la nicchia ecologica dei primati fu riempita, alcuni iniziarono a specializzarsi nel vivere a terra e altri sugli alberi. Si realizzarono quadrupedi specializzati al terreno (babbuini) come vantaggio evolutivo (ricordate che vantaggio si riferisce all'aumento della loro complessità e al diminuirne l'entropia), e quelli specializzati alla vita sugli alberi (macachi e scimmie cappuccino) in cui si allungarono le braccia come vantaggio per saltare di ramo in ramo.
Un terzo gruppo si diffuse e diede origine, venti milioni di anni fa, al gruppo degli ominidi (gorilla, oranghi, scimpanzé e umani), che rappresentavano solo una piccola parte della biomassa e che per ragioni numeriche non poteva competere con i suoi cugini specializzati.
Diciotto milioni di anni fa si verificò un evento singolare che permise a quest'ultimo gruppo di continuare ad essere generalizzato, ma diventando esclusivamente abitante del suolo. Questo si è verificato nel sostituire un'abilità con un'altra. La capacità di arrampicarsi sugli alberi è stata sostituita dal poter rimanere in piedi, il che lasciava le mani libere per poterle usare.

2.3 Le macchine

La nuova nicchia che si creò per questi animali è stata quella degli animali che creano macchine.
Definiamo macchina quello strumento che trasforma un tipo di energia in un altro. Nell'evoluzione, le macchine più importanti sono state gli strumenti, il linguaggio e l'organizzazione sociale.
Gli ominidi non avevano l'istinto di costruire macchine, hanno dovuto impararlo, dal momento che non avevano spiccate doti nell'arrampicarsi sugli alberi né nel correre a terra. Hanno così dovuto utilizzare il potenziamento evolutivo delle mani libere per non estinguersi. Così, hanno iniziato a costruire, utilizzare e caricare macchine.
Cinque milioni di anni fa è stata l'ultima volta che gli ominidi hanno condiviso il DNA con altri primati. Uno dei cambiamenti più notevoli di questa separazione è stata la caduta dei grandi canini che non servivano più a combattere per il territorio, in base ad una legge evolutiva per la quale quelle parti del corpo che non hanno utilità nella sopravvivenza, si atrofizzano.
Combattere con le macchine era più efficiente che combattere con i canini. La caduta di questi ha modificato la forma della bocca e del viso, e questo è stato uno dei fattori che ha aiutato, nel corso del tempo, alla comparsa del linguaggio.
Tutti i cambiamenti evolutivi negli ominidi (dall'Australopithecus all'Homo Sapiens) si sono verificati in Africa data la sua grande ricchezza ecologica.
Avendo le mani libere potevano lanciare pietre contro la loro preda. Ciò determinò che il sistema nervoso si sviluppasse per poter scegliere la pietra giusta, pesarla e misurarne la traiettoria. Il sistema nervoso accompagnò il miglioramento evolutivo in modo che non venisse perso e fu memorizzato.
Gli ominidi erano poche centinaia di migliaia, ma a poco a poco si sono espansi e attraverso la selezione naturale: quelli con la maggiore capacità inventiva e organizzativa soppiantarono chi ne aveva meno.
Nello specifico, il vantaggio evolutivo fu poter mangiare meglio, avere più cibo e avere più probabilità riproduttiva. Negli ultimi due milioni di anni, le dimensioni del cervello sono triplicate, il che ha permesso di creare macchine sempre più complesse che hanno continuato ad aumentare il vantaggio evolutivo.

L'aumento delle dimensioni del cervello e la postura eretta hanno avuto conseguenze molto significative. La femmina, mantenendo una postura eretta costante, modificò il bacino, restringendo quindi la dimensione del canale del parto. Ciò significava che i cuccioli dovevano nascere con un cervello immaturo, in quanto se fossero nati con le dimensioni di un cervello maturo, la nascita si sarebbe resa impossibile. Per questo i cuccioli umani proseguirono la crescita del cervello dopo la nascita (proprio come avviene con gli umani di oggi), ma si sono resi eccessivamente vulnerabili e dipendenti a lungo dal tempo metereologico.
Madri che, fino ad allora, cacciavano o raccoglievano cibo, diventarono completamente inabili durante il periodo della cura del cucciolo. Se non ci fossero stati maschi predisposti a proteggerle, l'estinzione sarebbe stata inevitabile. La femmina addolcì il suo carattere e si sottomise a un maschio protettivo. Questa pressione evolutiva (cioè l'intenzione con cui le forze naturali guidano i cambiamenti negli esseri viventi) ha reso la femmina ominide l'unico animale quasi sempre disposto all'atto sessuale. Questo tipo di contratto sessuale di sopravvivenza ha creato gli ominidi oggi diffusi sulla terra arrivando, cinquantamila anni fa, a superare il milione.
Data la ricchezza ecologica e la fonte di nutrienti, i maschi poterono assumersi la responsabilità di proteggere fino a quattro femmine e i loro piccoli, definendo così una poligamia che perseguiva i vantaggi evolutivi: mangiare di più e riprodursi meglio.

I primi ominidi non erano ancora cacciatori, ma raccoglitori e probabilmente spazzini. Man mano che si diffondevano, iniziarono a competere per altre fonti di cibo e divennero cacciatori, includendo la carne nella loro dieta.
La posizione eretta è stata un altro vantaggio evolutivo, a causa dei grandi cambiamenti climatici che trasformarono le foreste tropicali in vaste praterie, per cui potevano vedere più dall'alto attraverso i pascoli e distinguere così a distanza le loro prede o i predatori.
È in questo momento che la barba compare nel maschio come mezzo di protezione nella competizione, così come l'estensione nel pelo del corpo per proteggerlo dal freddo quando usciva a caccia. Questa situazione non era necessaria nella femmina come vantaggio evolutivo.

2.4 Australopiteco

Il primo gruppo di ominidi che iniziò ad espandersi, cinque milioni di anni fa, furono gli Australopithecus che hanno occupato il gradino più alto della scala evolutiva per tre milioni e mezzo di anni. Molti di loro si specializzarono come vegetariani (Australopithecus robustus). Questo li ha portati ad avere un intestino lungo che potesse sfruttare al meglio i nutrienti contenuti nei pascoli, come avviene attualmente con i gorilla che trascorrono otto ore al giorno a mangiare.
Gli australopitechi si sono estinti (la specializzazione è la via verso l'estinzione) un milione di anni fa e i gorilla si stanno estinguendo (ne sono rimasti solo quindicimila sulla terra).
Altri australopitechi si diffusero e divennero cacciatori onnivori. Hanno sviluppato l'addomesticamento del fuoco, hanno prodotto lance di legno e utensili di pietra scolpita. Erano cacciatori solitari che hanno trasmesso le loro abilità attraverso l'esempio.
La selezione naturale ha lavorato sul cervello delle femmine per renderle materne e sottomesse ai maschi dominanti e aggressivi, che avrebbero protetto loro e i loro piccoli, e intolleranti con gli altri maschi adulti. Quindi la caccia era possibile solo in modo solitario.
Questa pressione evolutiva è stata fatta sui centri emotivi influenzati dagli ormoni e non sui centri cognitivi. Ecco perché entrambi i sessi avevano la stessa capacità di creare macchine. I cacciatori più adatti avevano le femmine migliori e si riproducevano meglio. Quando i piccoli crescevano e competevano per le femmine, venivano espulsi dal gruppo ad opera del padre o espellevano il padre.

Man mano che la nicchia ecologica degli australopitechi si diffuse e si reimpì, gli animali di piccola e media taglia furono sterminati dai cacciatori solitari, per cui rimasero solo animali di grossa taglia. A causa di ciò e per evitare l'estinzione, l'unica via d'uscita era la caccia in gruppo. Quindi la pressione evolutiva ha agito sul cervello dei maschi per renderli più tolleranti l'uno con l'altro. L'adulto ha cominciato a proteggere non solo i suoi figli nati di recente, ma anche i figli nati in precedenza e questi, allo stesso tempo, hanno cessato di essere sessualmente attratti dalle femmine del padre o dalle sorelle. Questa cessazione all'incesto ha permesso il vantaggio evolutivo della caccia a gruppi di famiglia e, allo stesso tempo, ha migliorato la riproduzione massimizzando la variabilità genetica, diminuendo la possibilità di combinare geni dannosi.
Si è aperta così una nuova nicchia ecologica, quella dei cacciatori di gruppo di animali di grosse dimensioni, come rinoceronti ed elefanti.
È così che la caccia di gruppo, come miglioramento evolutivo, ha favorito l'esogamia, portando a formare clan, trecentomila anni fa, composti anche da venticinque individui.

2.5 Il genere Homo

Quattrocento anni dopo gli ominidi si divisero in due specie:

Prima di ciò, 2.500.000 anni fa, apparve l'Homo Habilis, che fu quello che si evolse a H. Herectus. Per 1.500.000 anni c'è stato un equilibrio ecologico tra Australopithecus (solitario e vegetariano) e il genere Homo (minoritario e sociale). I primi erano destinati a scomparire ed i secondi ad espandersi.
L'Homo Erectus aveva già un cervello di dimensioni simili a quello umano di oggi e la sua maggiore pressione evolutiva fu l'organizzazione sociale. Non è stato sviluppato un sistema istintivo di gerarchie, ma appreso e basato sulla tolleranza del maschio dominante verso gli altri adulti giovani e l'esistenza di femmine tabù. Questo, insieme alle caratteristiche istintive di dominio e sottomissione erano sufficienti per stabilire una catena di comando.
Oltre alla caccia di gruppo (gli animali di grossa taglia venivano intrappolati nelle fosse o spinti dentro burroni), il più grande vantaggio evolutivo fu la comparsa del linguaggio, il cui sviluppo rappresentò un tasso di crescita senza precedenti nella storia dell'evoluzione.

L'Homo Erectus usava il linguaggio per comunicare semplici comandi e per archiviare eventi, non per creare pensieri astratti. Attraverso il linguaggio era possibile dire a qualcuno di eseguire una serie completa di azioni correlate. La caccia fu organizzata e comparvero le gerarchie, i tabù e i compiti complessi. Questa organizzazione e costruzione di strumenti poteva essere trasmessa di generazione in generazione attraverso il linguaggio.
La selezione naturale ha lavorato per garantire la sopravvivenza del gruppo di caccia più efficace e non dell'individuo più efficace, indipendentemente dal suo potere individuale. Quei gruppi che ebbero sviluppato le regole della cooperazione, della simpatia e della disciplina, per rendere efficace il funzionamento di gruppo, ha superato quelli che non lo hanno fatto.

Gli individui dipendenti (anziani e portatori di handicap) morivano nell'abbandono. Questo comportamento si è esteso a lungo e ha lasciato sequele in molte culture non tanto antiche. Quando iniziò la caccia di gruppo, si iniziò la cura degli adulti feriti o malati che avevano competenze preziose da recuperare. Anche quelli con disabilità permanenti venivano accuditi, purché potessero essere di qualche utilità nell'organizzazione sociale.
A poco a poco si è creata un'etica sociale che ha assicurato la cura di tutti. Si sono trovati dei fossili di uomini mutilati, mutilazioni avvenute molti anni prima della loro morte, il che avrebbe reso impossibile la loro sopravvivenza senza la cura da parte degli altri. Si potrebbe dire che si crearono legami di amicizia susseguenti alle battaglie condivise, che hanno generato sentimenti di protezione e gratitudine per coloro che non potevano più combattere.
Quando la nicchia dei cacciatori di gruppo fu ricolma, le fonti di cibo divennero scarse e i gruppi cominciarono a dividersi fino a coinvolgere il nucleo familiare. Non era più possibile avere quattro femmine con i rispettivi piccoli e la poligamia degli ultimi quattro milioni di anni ha cessato di essere un vantaggio evolutivo. Quella che conservò ancora caratteristiche vantaggiose era la caccia di gruppo. Il maschio ha continuato la caccia in gruppo ma per necessità divenne monogamo.
Finché il maschio era poligamo, non c'era molto vantaggio evolutivo nella scelta di una femmina rispetto ad un'altra. Poiché la femmina poteva formare solo una coppia alla volta, il vantaggio divenne a favore della femmina che iniziò a scegliere il maschio migliore per ottenere la massima sicurezza possibile. La pressione evolutiva mirava a creare mutazioni nei meccanismi emotivi delle femmine in modo che fossero più selettive con i maschi, avendo la preferenza su quelli disponibili e superiori. Apparve anche un'emozione fino ad allora sconosciuta, diretta verso le rivali che avessero potuto appropriarsi del maschio, la gelosia.
Diventando così dipendente ed esclusiva del maschio, la monogamia divenne un vantaggio evolutivo per la femmina, in quanto il potenziale riproduttivo era massimizzato.
La scelta del compagno, che era stata determinante per la femmina, divenne estremamente importante anche per il maschio. La capacità della femmina di prendersi cura dei suoi figli e distribuire adeguatamente il cibo è stato il vantaggio evolutivo che ha determinato la selezione sessuale diretta da decisioni intelligenti, aumentando il tasso di evoluzione per l'umanità.
La monogamia divenne così un fattore diretto nell'evoluzione dell'intelligenza nei maschi.

Man mano che il linguaggio si sviluppava le bande di caccia, agendo separatamente, si differenziarono linguisticamente, cosa che rendeva difficile la condivisione delle informazioni. Ecco come si sono sviluppati alcuni tabù riguardanti l'accoppiamento al di fuori del gruppo linguistico. Questo, unito alla separazione geografica, fu l'origine della divisione razziale dell'Homo Erectus. Con l'aumento della popolazione, nacquero conflitti territoriali e guerre tra bande, clan, tribù, nazioni e razze (il concetto di nazione si riferisce ai gruppi che avevano una lingua comune). Coloro che hanno lavorato insieme contro i loro nemici, sono sopravvissuti e aumentato il loro numero. Questa è diventata una nuova pressione evolutiva per migliorare il linguaggio e in questo modo codificare idee più astratte che permettessero a ciascuno di svolgere un ruolo di aiuto a lavorare insieme.

2.6 Uomini di Neanderthal

Apparvero quattrocentomila anni fa come un ramo degli ominidi, proprio come gli Homo erectus. Avevano un cervello più grande di quello dell'uomo moderno (1.700 cc.) ma senza lo sviluppo dell'area prefrontale. La dimensione era dovuta alla crescita dei centri posteriori, che lo ha portato ad avere muscoli molto forti e una visione molto nitida. Erano buoni atleti e meglio dotati dell'Homo Erectus nel costruire strumenti. Le sporgenze ossee attorno agli occhi hanno dimostrato questa specializzazione nella visione a lunga distanza.
La linguistica era molto limitata e non accedeva ai suoni complessi del linguaggio.
I Neanderthal dominarono gran parte dell'Europa e sono sopravvissuti con alcuni esemplari fino a trentamila anni fa. Eccellevano nella caccia di grandi animali, come l'orso delle caverne, e sono stati definiti coraggiosi e compassionevoli. Pesavano in media 90 kg e la loro altezza non superava gli 1,65 mt. Apparentemente praticavano il cannibalismo rituale, l'arte e la religione.
In poche migliaia di anni, in quello che può essere considerato il primo genocidio commesso dalla razza umana, furono sterminati da quella piccola minoranza che cominciò ad invadere l'Europa dall'Africa, i nostri diretti antenati, Homo Sapiens.

2.7 Il Cro-Magnon

Il primo Homo Sapiens fu il Cro-Magnon. Aveva un cervello totalmente moderno, anche se più grande del 20 %. Pesava 90 Kg. ed era alto circa 1,80 mt.
Il fossile più antico di Homo Sapiens risale a quattrocentomila anni. Divenne generale nei climi temperati dell'Africa e invase l'Europa 45.000 anni fa. In quindicimila anni, hanno fatto scomparire i Neanderthal.
Non sono stati scoperti fossili intermedi, che dimostrano che non c'è stato nessun incrocio sessuale tra Sapiens e Neanderthal. Questo potrebbe essere successo a causa dell'intolleranza delle donne Cro-Magnon o perché i maschi non erano attratti dalle femmine di Neanderthal. Tenendo conto della poligamia dei Sapiens, dobbiamo concludere che le femmine fossero ripugnanti ai nostri antenati, ma potrebbe essere che non fossero reciprocamente fertili.

2.8 Homo Sapiens

L'evoluzione dell'Homo Sapiens non è stata biologica ma culturale. In effetti possiamo dire che noi esseri umani oggi stiamo degenerando biologicamente. L'adattamento fondamentale è stato la differenziazione in cinque tipi razziali di base, con alcune specializzazioni a livello fisico, per proteggersi dal freddo o dal sole. Qui la competizione si è concentrata sulla capacità di costruire e utilizzare macchine che facessero un uso migliore delle risorse naturali.
Costruendo macchine, gli umani hanno aumentato la loro intelligenza generale ed evitato la specializzazione. Questa intelligenza è stata trasmessa di generazione in generazione attraverso l'organizzazione psicosociale, poiché nessun essere umano è nato sapendo costruire macchine.
Ci sono state molte invenzioni (agricoltura, matematica, governi) che stavano sostituendo tecnologie primitive che non sono state ereditate geneticamente. Attualmente, l'essere umano si è reso dipendente da quelle invenzioni. Sono diventati estensioni del corpo, servendo a funzioni precedentemente conseguite solo con specializzazioni biologiche. Il bastone ha sostituito braccia forti, la pietra affilata ha rimpiazzato le zanne.
Oggi ci sono macchine che ci permettono di vedere più lontano dei Neanderthal o che ci riscaldano meglio l'aria. La lingua ci ha permesso di elaborare, archiviare e scambiare informazioni proprio come fa il sistema nervoso. Sono state create macchine che trascendono i nostri limiti biologici. Questi ultimi sono dati dalla quantità di DNA che può essere contenuto in una cellula che, a sua volta, dipende dal rapporto tra la sua massa e la sua superficie. Questo, insieme ad altri fattori, ha determinato che l'evoluzione attraverso mutazioni genetiche non può andare molto oltre l'essere umano.

Tuttavia, le informazioni disponibili attraverso l'evoluzione psicosociale sono illimitate. Il cervello dell'uomo moderno è più piccolo di quello del Cro-Magnon ma la sua complessità è molto maggiore.
A partire dall'agricoltura e dalla civilizzazione, molti umani difettosi sopravvissero e si riprodussero specializzandosi in compiti che non avrebbero potuto esistere in una società fatta di sola caccia. Possiamo dire che l'aumento dell'entropia biologica è stata compensata.

2.9 Il transdisciplinare

Questo breve viaggio sull'evoluzione ci permette di concludere che i concetti di territorio, identità di gruppo, incesto, ecc., sono stati inseriti nel cervello umano come un vantaggio, incorporati dalla pressione esercitata dalla sopravvivenza.
Secondo Maturana, il sistema nervoso è un sistema strutturalmente determinato; cioè è un insieme di elementi collegati in modo tale da poter funzionare solo in base a quella struttura. La chiama "chiusura operativa": il sistema nervoso viene coinvolto solo da ciò che la sua costituzione gli permette di riconoscere (ciò che non riconosce non lo colpisce).
A questo concetto, e per avvicinarsi alla comprensione di come l'evoluzione sia inscritta nel cervello dell'uomo, aggiungiamo ciò che Edelman porta con la sua teoria dei gruppi neuronali. Secondo questo ricercatore, qualsiasi teoria che tenti di spiegare il funzionamento del sistema nervoso deve avere determinate caratteristiche:

La teoria dei gruppi neuronali di Edelman si basa su tre principi:
  1. Durante lo sviluppo evolutivo, c'è una selezione di alcune aree del corpo che rimangono associate ad alcune aree del cervello. Lo chiama il "repertorio primario";
  2. Le connessioni sinaptiche formate vengono rafforzate o indebolite dai processi biochimici che dipendono dalla memoria. Lo chiama "repertorio secondario";
  3. I repertori primari e secondari formano mappe nel cervello, che possono essere legate a segnali durante un certo tempo di azione.

2.10 La paura

La paura è un meccanismo cerebrale che rileva il pericolo e produce risposte che aumentano la possibilità di sopravvivenza. In questo concetto dovranno essere approfonditi quattro elementi:
  1. il meccanismo cerebrale della paura;
  2. il tipo di risposte che suscita;
  3. come aumentare la probabilità di sopravvivenza
  4. cosa significa il pericolo.
In relazione ad altri animali con cui condivide il mondo, possiamo dire che l'uomo non ha ridotto i suoi predatori, li ha cambiati con altri. A causa dell'organizzazione sociale e dello sviluppo astratto del linguaggio, i pericoli hanno a che fare con l'ordine sociale e la struttura mentale della persona: possiamo dire che l'uomo è diventato un predatore di se stesso.
Quando viene rilevato un pericolo, le possibilità di risposta nei vertebrati si riducono a quattro modalità:
  1. recesso;
  2. attacco;
  3. sottomissione;
  4. immobilizzazione.

L'omogeneità della risposta indica un'indubbia programmazione nel cervello umano ed è accompagnata dalla stessa risposta fisiologica (analgesia da stress, difesa cardiovascolare, rilascio di ACTH, ecc.).
Sebbene le risposte nell'uomo siano le stesse, la loro maggiore capacità cognitiva fa sì che reagiscano a stimoli che un topo, ad esempio, non è nemmeno in grado di percepire.
La complessità dell'organizzazione psicosociale e della struttura stessa del linguaggio si sono trasformate in stimoli che possono dare origine a risposte di paura a certi eventi che, per altri animali, non hanno valore di stimolo.

Tra il predatore e la preda c'è quella che possiamo chiamare una competizione evolutiva. Quando uno di loro cambia un atteggiamento, in modo che non continui ad essere uno stimolo che dà all'altro un vantaggio, quest'ultimo produce un altro cambiamento per neutralizzarlo. In natura, se un animale cambia colore per essere poco appariscente, la sua preda o predatore migliora il suo olfatto per percepirlo meglio. Questa competizione evolutiva per la sopravvivenza (che potremmo astrarre sul piano umano ai sottili setacci della convivenza) si rompe in quello che è stato chiamato “il principio della vita/cibo”.

2.11 Il condizionamento della paura

Possiamo definire il condizionamento alla paura come la conversione di stimoli privi di significato in segnali di pericolo. L'esempio classico è mettere un topo in una gabbia, fargli sentire il suono di una campana, e sottoporlo immediatamente a una scossa elettrica.
Quello che lo descrive per la prima volta è uno scienziato russo di nome Pavlov. Osservò che il cane aumentava la salivazione in presenza di un pezzo di cibo. Associando questo fatto al suono di un campanello, scopre che, dopo diverse esposizioni a questi stimoli, il cane aumenta la salivazione senza bisogno di presentargli il cibo e semplicemente facendogli sentire il suono del campanello. Pavlov chiamò il pezzo di cibo "stimolo incondizionato" e il suono della campana "stimolo condizionato". Ha chiamato la salivazione del cane una "risposta condizionata".
Nell'esempio classico, lo stimolo incondizionato è lo shock elettrico, lo stimolo condizionato è il suono squillante e la risposta condizionata è una delle risposte di paura (immobilità, attacco, fuga).
L'apprendimento di questo condizionamento è rapido e persiste per tutta la vita dell'animale (in modo manifesto o latente). Può essere attivato da stimoli reali o immaginari. Non dipende dalla paura cosciente (questa è una conseguenza della paura condizionata e in nessun modo la sua origine).

Nel meccanismo cerebrale che lo organizza, la neocorteccia non interviene. Il pensiero, il ragionamento e la coscienza non partecipano alla sua apparizione. Ricordiamo che la neocorteccia è quella che discrimina tra i diversi stimoli e, quindi, qui questa discriminazione non esiste.
Il modo fondamentale per apprendere la paura è la connessione del talamo con l'amigdala. È interessante notare che le connessioni tra il talamo e la corteccia sono attualmente molto più importanti che negli animali primitivi, da cui si deduce che le connessioni tra il talamo e l'amigdala sono un retaggio evolutivo. Sapendo che questa vestigia è stata preservata intatta per milioni di anni, dobbiamo comprendere l'immensa utilità che l'apprendimento emotivo ha avuto nella vita di tutti i tempi, compresa la nostra.
In un ratto lo stimolo raggiunge l'amigdala in 12 millisecondi. Lo stesso stimolo raggiunge la corteccia in 24 millisecondi. Le due tracce vengono attivate contemporaneamente.
Se attraversiamo un bosco e sentiamo uno scricchiolio, le due tracce ricevono lo stimolo. Il circuito talamo-amigdalino risponde emotivamente e fisicamente, come se fosse un serpente (aumento degli ormoni dello stress, immobilità, ecc.). Non c'è discriminazione ma difesa contro il pericolo. Il circuito cortico-talamico analizza e discrimina che il rumore sia prodotto da un ramo, ma la difesa contro il probabile serpente esiste già.
Possiamo dire che la via diretta predispone la risposta e la via indiretta impedisce la risposta inadeguata. È possibile che la via diretta sia responsabile di più risposte che non sono ancora state capite.
La tesi che ci accingiamo a sostenere è che la malattia è il risultato di un conflitto tra le due vie, frutto di un dialogo che nasce dalle leggi del linguaggio stesso.

2.12 L'estinzione del condizionamento

Negli anni '60, Seligman scoprì che la paura condizionata può essere rapidamente estinta se all'animale viene impedito di produrre la risposta fisica alla paura e, allo stesso tempo, non viene data alcuna alternativa per fuggire o evitare lo stimolo condizionato. Ciò si ottiene circondando il topo con un muro, dopo aver stabilito il condizionamento con il suono della campana e la scossa elettrica. La campana continua a suonare e il topo, non potendo saltare per la presenza del muro, apprende che la scossa elettrica non esiste più. Prima si congela, poi quando il muro viene rimosso, non salta più quando suona il campanello.
È necessario dire che l'evoluzione della vita ha avuto molto a che fare con l'apprendimento condizionato della paura. Molte delle risposte generate in questo modo sono state depositate nei geni a causa della loro importanza per la sopravvivenza.
Oggi viviamo in ambienti molto diversi da quelli in cui vivevano i nostri antenati, ma la nostra predisposizione genetica continua a riconoscere pericoli primitivi che attualmente non esistono o non minacciano più la nostra sopravvivenza.

La complessità del linguaggio gioca un ruolo attivo nel rendere minacciose situazioni che in riferimento alla sopravvivenza possono non essere gravi. Molte persone riconoscono rapidamente situazioni pericolose in cui gli altri non le percepiscono. I ratti hanno un'antica paura dei luoghi aperti. Se li metti al centro di una stanza, corrono immediatamente verso una delle pareti. Sulla strada di solito lasciano alcuni piccoli escrementi (alleggerirsi per fuggire meglio). Si conclude che più feci lasciano, più hanno paura di questa situazione. Quindi, da un lato quelli che lasciano più feci e, dall'altro, quelli che ne lasciano di meno. Dopo cinque generazioni, sono stati ottenuti gruppi di ratti codardi e gruppi di ratti coraggiosi.

Negli esseri umani questo può essere inteso come un fatto fisico o come modelli di comportamento che si trasmettono di generazione in generazione formando costellazioni archetipiche che potremmo definire “romanzi di famiglia”.
Riteniamo che nessuna di queste due visioni debba essere considerata separatamente e che in ogni paziente si debba tener conto di ciò di cui ha bisogno (con la sua biologia e la sua storia) in quel momento e per quel programma che ha attivato con un senso singolare e che chiamiamo malattia.
Tornando all'estinzione del condizionamento, diciamo che dipende dalla dominanza della corteccia prefrontale media sui segnali di uscita del nucleo dell'amigdala. È necessario chiarire che l'estinzione del condizionamento impedisce solo la manifestazione, ma non cancella in alcun modo i ricordi della risposta.
Ciò si verifica perché i neuroni dell'amigdala creano assemblaggi cellulari che, anche in assenza di stimoli, non vengono inattivati. La memoria di un condizionamento appreso non viene cancellata e un semplice cambiamento nell'intensità del segnale in ingresso può riattivare quei ricordi.
I ricordi inconsci di paura rimangono per sempre nel nostro cervello. Questo è estremamente utile in un mondo stabile, poiché evita di dover reimparare che una situazione è pericolosa ogni volta che si presenta. In un mondo come quello umano, in cui le situazioni pericolose sono cambiate, questi segni indelebili creano spesso situazioni inappropriate. Ogni specie ha i suoi segnali che attivano il nucleo amigdalino. Ad esempio, i topi quando vedono un gatto producono uno squittio ultrasonico che i gatti non possono sentire.
Nell'uomo, l'oggetto appare e l'amigdala lo rileva. La risposta di paura è generata senza memoria cosciente.

2.13 La classificazione delle paure

Classicamente, è stato detto che il bambino nasce con un'unica paura, la paura di cadere. Dagli studi TC cerebrali effettuati da Hamer nei neonati, possiamo osservare che molti bambini nascono con un numero infinito di paure espresse in focolai concentrici in determinati punti del cervello.
Secondo la classificazione americana esistono tre tipi fondamentali di paura: fobia, panico e stress traumatico.
Nella fobia, la cosa più importante è lo stimolo condizionato. Nello stress traumatico, la cosa più importante è lo stimolo incondizionato. I segnali raggiungono non solo l'amigdala, ma anche il lobo temporale producendo ansia (riconoscimento cosciente), che agisce come nuovo stimolo sull'amigdala.
Se, per ragioni genetiche, le vie che vanno dal talamo all'amigdala predominano su quelle che vanno alla corteccia, gli stimoli non si distinguono e ci sono reazioni eccessive, e uno sbattere della porta può trasformarsi in uno sparo.

Il panico non ha bisogno di stimoli esterni. Può essere provocato dall'iperventilazione di una persona o con altre tecniche come l'inalazione di una miscela ricca di CO2, l'iniezione endovenosa di lattato di sodio, ecc.. Il panico è interpretato come una reazione agli stimoli interni. Donald Klein propone che il panico sia l'attivazione di un vecchio meccanismo di allarme evolutivamente dovuto alla diminuzione della pressione dell'ossigeno. Wolpe capisce che il primo attacco è prodotto da un aumento di CO2, attraverso l'iperventilazione causata da prolungati sintomi di ansia.
La verità è che, dopo il primo attacco, i sintomi generati (tachicardia, sudorazione, pressione alta) diventano stimoli condizionati di paura capaci di scatenare attacchi di panico. Cioè, c'è un ciclo di feedback che non ha bisogno di cause esterne. Gli organi e la chimica interna del soggetto inviano messaggi che il cervello interpreta come uno stato di allarme generalizzato di fronte a una minaccia imminente. Gli stimoli condizionati sono spesso indicati come l'azione di un killer silenzioso.
Ci sono neuroni nel tronco cerebrale inferiore che sono molto sensibili ai cambiamenti di CO2 nel sangue.
L'amigdala riceve informazioni da quell'area (questo è lo stimolo incondizionato) e dagli organi del corpo (questo è lo stimolo condizionato). Così attivato il Sistema Nervoso Autonomo, si attiva anche la neocorteccia, attraverso il ricordo di questi stessi sintomi che si associano a precedenti attacchi di panico. La neocorteccia informa l'amigdala e quindi il SNA viene attivato.

Riteniamo che il meccanismo della paura sia molto simile al meccanismo DHS-FH-Simpaticotonia descritto da Hamer nell'evoluzione della malattia e che, insieme alla teoria dei gruppi neuronali di Edelman, dovrebbero essere collegati alle leggi del linguaggio per cercare di avvicinarsi all'origine dei cosiddetti processi patologici.

2.14 Evitamento

Riassumendo, diciamo che l'apprendimento dell'evitamento si sviluppa in due fasi:
1) inizia con il condizionamento della paura, qui interviene l'amigdala;
2) prosegue con l'apprendimento di una risposta che possa inibire la paura acquisita, qui intervengono i gangli della base, la corteccia prefrontale e l'ippocampo. Il ratto prima si blocca e poi salta al suono. Anche questo apprendimento di evitamento è inesauribile.
Un esempio di come funziona il cervello è l'uso del farmaco chiamato Diazepan. Si lega ai recettori delle benzodiazepine in tutto il cervello, che facilitano gli effetti di un neurotrasmettitore evitante chiamato gamma amino butirrico (GABA). Cioè, facilita l'inibizione della risposta di evitamento, innalzando la soglia di ansia e senza provocare risposte di paura.
Funziona anche diminuendo la capacità mnemonica dell'ippocampo di scatenare la paura.
Riteniamo che la risposta di evitamento sia un importante alleato terapeutico da non trascurare mai nel trattamento della malattia, fondamentalmente nella fase di simpaticotonia.

Quando il conflitto psicobiologico si è attivato, è estremamente difficile evitarne le conseguenze e, soprattutto, l'instaurarsi di un processo che potremmo chiamare "stato di cancro", attraverso il quale le lesioni si ripresentano, nonostante i trattamenti istituiti.
Il programma di malattia attivato (proliferazione cellulare, necrosi, ulcere o disfunzione) insiste perché il requisito psicobiologico non è stato soddisfatto. È inutile continuare a tagliare, irradiare o medicare senza tener conto che il soggetto malato deve entrare in una fase di normotonia, prodotto della soluzione o disattivazione del conflitto.
Molte volte, non c'è tempo o è addirittura impossibile affrontare la risoluzione del conflitto. È qui che bisogna avvicinarsi al meccanismo di evitamento per mettere il paziente in condizioni tali che nessun atto medico è considerato dal cervello come una riattivazione del conflitto.
Se un paziente con adenocarcinoma polmonare viene sottoposto a chemioterapia durante la fase conflittuale attiva, non solo viene esacerbata la simpaticotonia (aumentando la risposta cellulare-umorale di questa fase) ma l'effetto chimico della distruzione cellulare produce una maggiore intensificazione del conflitto mortale.

2.15 La memoria

Ricorda che i sentimenti sono l'esperienza cosciente (percepisci e ricorda) che un meccanismo cerebrale è attivato. Sapendo cos'è la coscienza, sapremo cos'è il sentimento.
Dal punto di vista delle neuroscienze, la coscienza è uguale alla memoria di lavoro. Se chiediamo a qualcuno di memorizzare sei numeri e poi gli chiediamo una nuova operazione mentale (ad esempio, sottrarre un altro numero all'indietro a coppie), i numeri memorizzati verranno probabilmente dimenticati. Ciò si verifica perché l'atto di pensare avviene in un'area mentale con capacità limitate. Quando facciamo la sottrazione, usiamo uno spazio già occupato e lo cancelliamo per usarlo. Chiamiamo questo spazio, memoria di lavoro. Prima si chiamava memoria a breve termine. Ha una capacità fino a sette unità informative. Un'unità può essere tutto ciò che viene ricordato sulla geografia argentina e un'altra unità tutto ciò che viene memorizzato sulla letteratura francese.
È un meccanismo di memoria temporanea (noto anche come banca di memoria temporanea) che ha uno scopo. Ogni sistema sensoriale ha uno di quei banchi che mette a confronto ciò che è stato percepito in quel momento rispetto a ciò che è stato percepito secondi prima. Ad esempio, i banchi di lingue consentono di conservare la prima parte della frase, fino a quando l'altra parte non ha finito di ascoltare.
In ogni unità di informazione vengono percepiti e combinati diversi tipi di dati (nome, aspetto, suono, odore, ecc.). La memoria di lavoro ha un'area di funzionamento in cui vengono conservate le informazioni e un'area di esecuzione che attiva i meccanismi coinvolti. Lo stimolo viene riconosciuto quando il meccanismo della memoria di lavoro coincide con le informazioni immagazzinate nella memoria a lungo termine.

Chi partecipa agli aspetti esecutivi della memoria di lavoro è la corteccia prefrontale laterale, poiché è connessa con:

Nel lobo frontale si trova la cosiddetta "rete di attenzione", che si occupa dell'attenzione selettiva e del processo decisionale, che si trova nella corteccia anteriore del corpo calloso.
L'area orbitale della corteccia prefrontale ha a che fare con decisioni corrette o errate, la sua lesione provoca comportamenti antisociali.
Quello che sappiamo in questo momento è ciò che è stato immagazzinato nella nostra memoria di lavoro.
La coscienza è la conoscenza di detta memoria. Per essere consapevoli di un fatto, la rappresentazione mentale di quel fatto (cioè l'attivazione della funzione esecutiva della memoria di lavoro, che altro non è che attenzione) deve essere messa in relazione con la rappresentazione mentale di un agente esperente (che è integrato nella memoria di lavoro come "io"). Come principio fondamentale diciamo che la coscienza lavora con un solo elemento alla volta, funziona in serie. L'inconscio lo fa con più elementi contemporaneamente, cioè in parallelo. Aggiungiamo a questo principio che i processori seriali funzionano con i simboli e che i processori paralleli funzionano con i codici. Quindi possiamo definire la memoria di lavoro come un processore che crea e manipola rappresentazioni simboliche.

2.16 Feedback fisico

L'attivazione dell'amigdala produce risposte diverse:

Tutti questi segnali ritornano al cervello, producendo diversi feedback chimici che possono dare ad ogni emozione una sfumatura unica. Se diamo a una persona un falso feedback sulla frequenza cardiaca, si sente "come se" fosse emotivamente attivata. Questo può esistere solo in un cervello che ha sperimentato molte volte il feedback effettivo, quindi ora può immaginarlo.
Ad ogni modo, sappiamo che le risposte istintive sono lente. Ci vogliono quasi due secondi perché i segnali vadano dal cervello ai visceri e di nuovo al cervello. Alcuni ormoni, come gli steroidi, possono impiegare ore per raggiungere il cervello.
Concludiamo che ci deve essere una rappresentazione cognitiva di questo feedback fisico nella memoria di lavoro per influenzare ciò che si sente e ciò che viene deciso.
Non è possibile avere un'esperienza emotiva prolungata senza feedback corporeo o senza feedback “come se”, poiché è il corpo che fornisce la sensazione o il ricordo della sensazione.

2.17 Consapevolezza

Pensare non è essere coscienti. Perché ci sia consapevolezza, diverse cose devono essere collegate contemporaneamente
  1. Avere una nozione dell'"io" come agente che fa esperienza.
  2. Percepire lo stimolo.
  3. Ricordare le esperienze passate con quello stimolo.

Se hai una coscienza, hai dei sentimenti. Ma il comportamento emotivo è assolutamente possibile senza la percezione dello stimolo che lo innesca, e sul quale non potremmo riflettere. Con le parole si nominano gli stati emotivi, strutturandoli in modo linguistico.
Se osserviamo il percorso evolutivo del cervello, potremmo vedere dove ci sta portando l'evoluzione. Attualmente l'amigdala ha molta più influenza sulla corteccia che su di essa. Potremmo tranquillamente dire che l'emozione domina la ragione.
La corteccia, attraverso i pensieri, può attivare l'amigdala, facendo nascere emozioni, ma è molto inefficace nel disattivare il nucleo (sappiamo che pensare di non avere paura non aiuta molto).
Evolutivamente le connessioni dalla corteccia all'amigdala hanno continuato ad espandersi. Se entrambe le modalità di connessione raggiungessero un equilibrio, si realizzerebbe un'integrazione armoniosa tra ragione e passione. Questo potrebbe essere interpretato come il messaggio che l'evoluzione ci dà sul possibile futuro dell'umanità.

2.18 Apprendimento traumatico

I ricordi consci dell'apprendimento traumatico vengono stabiliti attraverso l'ippocampo e la relativa corteccia. I ricordi inconsci sono prodotti attraverso l'amigdala. I due meccanismi sono simultanei e memorizzano informazioni diverse dalla stessa esperienza. Possiamo già parlare di ricordi inconsci così come di quelle risposte fisiche che provoca l'amigdala.
Ora possiamo dire che i ricordi consci possono mancare se il meccanismo ippocampale fallisce. La causa principale di questo fallimento è lo stress che provoca lesioni ai dendriti dell'ippocampo. L'ippocampo ridotto si trova unicamente nelle persone che hanno subito abusi sessuali durante l'infanzia, in alcuni veterani di guerra, nella malattia di Cushing e in coloro che hanno assunto corticosteroidi per lungo tempo.
Occorre ricordare che, durante lo stress, l'ippocampo invia informazioni all'ipotalamo e quindi agisce sull'ipofisi e sulle ghiandole surrenali per diminuire la secrezione di steroidi. È proprio questo meccanismo che fallisce se lo stress dura troppo a lungo.

Un'altra funzione dell'ippocampo è la memoria. Se lo stress è lieve, entra in gioco la memoria.
Se è intenso, si perde la memoria. Se durante l'evento traumatico l'ippocampo viene disconnesso, la memoria va persa. Se la connessione è debole, la memoria è debole. La distorsione della memoria è comune. La memoria è la ricostruzione di una funzione, l'attivazione di una funzione di memorizzazione che si trova nella memoria a lungo termine. Si possono creare falsi ricordi anche credendo che l'individuo sia reale.
Lo stress può potenziare l'amigdala e quindi è possibile una debole memoria cosciente con una forte risposta inconscia. Quando l'amigdala avverte il pericolo, dà il comando di rilasciare ACTH. Quando gli steroidi raggiungono un livello nel sangue, l'ippocampo segnala all'ipotalamo di diminuire la secrezione, attraverso il fattore di secrezione di corticosteroidi (CSF).
A livelli critici di steroidi, l'ippocampo inizia a cedere. Nelle stesse condizioni, il CSF aumenta nell'amigdala. In altre parole, lo stress colpisce l'ippocampo e l'amigdala in modo diverso. Diciamo, è lui stesso che aumenta l'apprendimento e la memoria che dipendono dall'amigdala, cioè dalle risposte condizionate. Se lo stress deteriora l'ippocampo, sappiamo che reagiamo al pericolo prima di pensarci.
Quando le funzioni superiori falliscono, l'evoluzione pensa per noi. Una fobia può rimanere inibita per anni e un evento stressante la attiva. Il disturbo che appare non è generato dallo stress, ma dai conflitti precedenti, ma è lui che lo rende manifesto. Lo stress rompe i controlli della corteccia sull'amigdala e ricompaiono i conflitti estinti.
Occorre ricordare che l'estinzione non è cancellare i ricordi, ma impedire loro di manifestarsi.
Inoltre, l'ippocampo è colui che crea la rappresentazione contestuale del condizionamento, cioè tutti gli stimoli che accompagnano nel tempo e nel luogo lo stimolo diretto che crea il condizionamento.

2.19 L'amigdala

L'elemento chiave della difesa, prima che uccelli e mammiferi fossero separati dai rettili, è l'amigdala. Quello che colpisce è che il modo di difendersi dal pericolo può essere diverso nelle diverse specie, ma l'organo che regola il comportamento di fronte al pericolo in tutti loro è il medesimo. Si può dire che siamo tutti lucertole emotive.

La coscienza partecipa alle emozioni in due modi:
  1. Come fonte di segnali che possono innescare reazioni emotive predefinite
  2. Prende decisioni su quale azione intraprendere successivamente.

Le risposte dell'amigdala sono una soluzione di emergenza. La coscienza permette il passaggio dalla reazione all'azione. Questo ha un prezzo: non pensiamo solo all'azione migliore, ma anche a cosa accadrà se il piano fallisce. Appare l'ansia. Tutto dipende dalla nostra disposizione genetica, dalle esperienze passate e dalla creatività cognitiva.

Quindi, ci sarebbero due tipi di memoria:

Il primo è il ricordo dell'emozione e il secondo è il ricordo emozionale.
È stato dimostrato che iniettando adrenalina nei topi, subito dopo aver appreso qualcosa, questi hanno un ricordo più intenso di detto apprendimento. Questo è chiamata memoria flash o veloce.
La memoria a lungo termine si trova nell'ippocampo, dove sono conservati i ricordi di qualche anno fa. Con il passare degli anni, i ricordi passano sotto il controllo della neocorteccia. Vediamo come nell'Alzheimer viene colpito prima l'ippocampo e poi la neocorteccia, attraversando il proencefalo.
È interessante capire che è l'esistenza di questa memoria implicita che lavora in parallelo con aree diverse, ma che, attraverso il collegamento di mappe cerebrali, è associata ad una memoria che non solo lavora in serie, analizza e discrimina, ma è anche verbale e con contenuto simbolico proprio della storia di ogni soggetto.
È questa unione che consentirà di attivare un comportamento biologico programmato (crescita cellulare, necrosi, ulcere) di fronte a un bisogno di sopravvivenza, nonostante questo bisogno non sia presente e derivi semplicemente da una logica corporea che appartiene l'evoluzione di milioni di anni, non quella di un essere umano nel suo passaggio attraverso la vita.

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