Attivazioni Biologiche

Comunicazione Non Violenta (CNV)

13 04 2022
Perla saggia:
Più sono elaborati i nostri mezzi di comunicazione,
meno comunichiamo.

Joseph Boynton Priestley
In questo articolo tratteremo di un modo empatico per comunicare. Analizzeremo le modalità per esprimere se' stessi ed i propri bisogni.

Marshall Rosenberg era uno psicologo americano scomparso nel 2015 ed ha sviluppato ed inserito, tra le modalità di supporto alla persona, il metodo basato sulla Comunicazione Non Violenta, ovvero il linguaggio empatico o Comunicazione Giraffa.
Perché "Comunicazione Giraffa"?
Nelle sue esposizioni e nella descrizione del suo metodo, Marshall Rosenber rendeva chiare le idee impiegando due animali: lo Sciacallo e la Giraffa. Il primo è l'animale che per definizione e nell'immaginario comune, rappresenta un individuo dall'empatia molto scarsa, tipicamente orientato ad ottenere per se' il maggior vantaggio senza preoccuparsi dell'altro al quale, magari, sta arrecando del male o della sofferenza.
La Giraffa è uno dei mammiferi con il cuore più grande, per poter fare arrivare il sangue in ogni angolo del suo grande corpo ed al suo cervello. Quindi il corpo e il suo atteggiamento sono dominati da un grande cuore e, per traslazione, un grande cuore indica una grande empatia.
Ne consegue che la Comunicazione Giraffa è basata su un forte contatto con le istanze del cuore e dell'emaptia.


Giorgio Beltrammi
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1. Il problema di comunicare

Cosa significa "Comunicare"? Significa "rendere comune", "ragguagliare". In sintesi significa che tra me e te interviene lo scambio reciproco di notizie ed informazioni, ma è la modalità della comunicazione che cambia. È vero che io ti comunico qualcosa, ma il modo con cui lo faccio cambia in te il valore del contenuto e come lo immagazzinerai.
Il modo di comunicare dello Sciacallo tende a usare unicamente la sfera razionale e persegue il mero soddisfacimento egoico, mostrando una chiusura alla comprensione dei temi dell'altro, innescando una spirale al rialzo per cui anzichè promuovere la comunicazione, ottiene l'effetto opposto, il non comunicare.
Lo so per certo perché nella mia vita ho usato strategicamente e in modo - ora so indegno - questo tipo di comunicazione. Non mi incolpo per questo - la colpa non esiste - e so di aver fatto ciò che potevo con le ferite che avevo e che ho, ma riconosco di aver fatto lo Sciacallo in tante, troppe occasioni.


Lo Sciacallo

Per lo più, ed ancor più oggi, la comunicazione indiretta o telematica enfatizza lo sciacallaggio e l'effettiva discomunicazione (termine che non so se esista) tra esseri umani che, paradossalmente, credono che chattare, messaggiare, fare un uso spropositato delle emoticons sui social e sullo smartphone, equivalga a comunicare davvero. Più che altro si discute e si comunica per avere ragione e, come dice qualcuno, alle persone non interessa che tu dica cosa ne pensi, ma che quello che pensano loro esca dalla tua bocca.

Solo passando dal cuore, le parole diventano comunicative poiché diviene naturale cercare di comprendere come stanno le persone che cerchi di coinvolgere e senti di poter prevedere quali saranno gli effetti delle tue parole.

2. La strada del cuore

Quando si comunica empaticamente, le parole vengono formulate dal cervello e dai pensieri, ma anziché passare direttamente alla bocca, come farebbe lo sciacallo, quelle stesse parole passano PRIMA dal cuore, filtrate dal setaccio emotivo ed empatico. Se la via diretta cervello→bocca consente solo di contattare la sfera egoica, la via cervello→cuore→bocca permette invece di contattare la sfera olistica, per cui il proprio stato interiore determina il contatto con il tipo di persona - e il suo modo di comunicare - sintonizzati proprio su quello stato interiore. In altri termini, se comunichi da sciacallo incontrerai altri sciacalli, ma se comunichi da giraffa incontrerai altre giraffe.

La strada del cuore induce la persona a vestire empaticamente i panni dell'altro, interessandosi dei bisogni altrui senza per questo rinunciare ai propri, anzi, favorendo la sintonia tra i primi e i secondi.
Però la strada del cuore è più difficile. Richiede di trascurare o mettere da parte la furiosa e indomabile azione del cervello e della parte egoica. Richiede l'immedesimazione, il contatto vero - e potenzialmente rischioso - con l'altro cuore e questo richiede energia e volontà.
Se la comunicazione da sciacallo è una modalità meccanica di comunicare con gli altri, quella da giraffa è una modalità consapevole e attiva. Se da sciacalli si reagisce, da giraffe si agisce e questa credo sia la cosa importante da ricordare.


La Giraffa

3. I 4 Passaggi

Fondamentalmente instaurare una CNV si basa su quattro passaggi:

3.1 Osservazione

Si tratta di osservare la situazione, la condizione o l'evento SENZA GIUDIZIO. È estremamente importante evitare il giudizio, in quanto l'emozione che deriva dal giudizio non è sincera. L'assenza di giudizio permette inoltre di capire e comprendere le ragioni che il giudizio nasconde. Ad esempio: si ripete sempre una situazione che continuiamo a giudicare, interrompendo l'osservazione e passando all'azione. Basta talora aspettare prima di giudicare, per osservare che quella situazione ha ben precise ragioni che, nella ciecità del giudizio, non avevamo mai colto. Quindi: OSSERVARE SENZA GIUDICARE;

3.2 Emozione

L'osservazione senza giudizio genera quindi una emozione o anche più di una, ma anche sentimenti e sensazioni sinceri. Occorre quindi stare in quella emozione e accogliere tutto ciò che comunica, continuando a rimanere distanti dal giudizio di se' stessi. Quella emozione ci dice come stiamo rispetto all'evento ed in questo scambio in noi stessi affiora il...

3.3 Bisogno insoddisfatto

Ovvero quella necessità interiore che non ha ancora avuto soddisfazione, ma che di fatto è la nostra verità, la nostra sincera realtà interiore che ci fa stare male o per lo meno poco bene. Quel bisogno è un bisogno reale, concreto, ben definito, con un nome e un cognome ed è sincero, vero.
Attenzione! È un bisogno che non ha etica o moralità; non è educato, ma non di meno vero e forte. Può certo essere difficile da esprimere, perché si teme il giudizio, ma questo è un problema altrui. Si ha bisogno del supporto altrui, non del loro consenso e approvazione.

3.4 Richiesta

È giunto quindi il momento di manifestare il proprio bisogno insoddisfatto e chiedere aiuto. Quando si fa ciò occorre accettare che:
1. l'altro sia disposto ad aiutarci;
2. l'altro non è disposto ad aiutarci.
Quindi è del tutto inutile rifiutare un rifiuto; occorre accogliere le istanze altrui cercando di capire quali sono i suoi bisogni. Ed è proprio in questo cruciale momento che entra in campo l'empatia.
Quando si dice che "Chiedere è metà dell'avere" significa proprio che l'altra metà è nel dare, ma cosa? Il proprio mettersi in gioco aiutando l'altro per essere poi aiutati.

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4. Come chiedere?

"Ok, ho capito, ma come faccio?"
Prima di tutto SINCERITÀ ed ONESTÀ. Secondariamente evitare che l'altro si chiuda alla comunicazione, quindi MAI PUNTARE IL DITO!
La frase da sciacallo potrebbe essere questa:

«Quando ti vedo fare (dire, esprimere, ecc.) queste cose, penso che tu sia cattivo (incapace, violento, inopportuno e via dicendo), perché tu non mi ascolti (rispetti, accogli, ecc) e te ne freghi di me!!!»

Non è difficile che l'altro si ponga sulla difensiva e sulla non-comunicazione, sentendosi spinto a rispondere da sciacallo, innescando una spirale al ribasso che porta alla chiusura e alla frustrazione. Si verifica quindi l'insoddisfazione dei bisogni di entrambi.

Ecco una frase da giraffa:
«Quando vedo (sento, ascolto, vivo, ecc.) questa cosa mi sento così (preoccupato, ansioso, impaurito, arrabbiato, disgustato, triste, deluso, spaventato, ecc.), perché ho bisogno (di, che) + bisogno concreto/vero/sincero/onesto, mi aiuti? Ed io come posso aiutarti ad aiutarmi?»

È estremamente importante non puntare il dito verso l'altro, evitare di farlo sentire sotto accusa, perché il suo atteggiamento e comportamento hanno ragioni che non sono in giudizio, ma che vanno solamente (e non è poco) comprese, perché spessissimo non le sappiamo nemmeno. Insomma l'altro deve percepire che può aprirsi ed essere accolto.
Quando accennavo alla osservazione senza giudizio intendevo proprio questo: evitare di formarsi un (pre)giudizio (che riempie il cuore di veleno) per lasciare invece lo spazio alle motivazioni altrui.

Molto importante è esprimere il bisogno reale, concreto, evitando bisogni fumosi o filtrati da mente ed educazione. Il bisogno non ha morale, non ha etica e non ha educazione, ripeto.

5. A chi serve la CNV?

A tutti!
Compresa la persona che la applica, anzi, è bene applicarla all'inizio proprio su di se', perché se c'è una anima che viene ascoltata poco è la propria.
Osservare se' stessi lontani anni luce dal giudizio è una opera faticosa e impegnativa, dal momento che il nostro giudice interiore è impietoso e sempre all'opera.
Vivere le proprie emozioni scaturite dalla propria, pacifica osservazione è una opera impegnativa, di grande attenzione e volontà. Non ci sono scusanti per non vivere le proprie emozioni e se esse fanno paura ci sono delle cose da sistemare e il lavoro diventa vieppiù impegnativo.
Riconoscere il/i propri bisogni insoddisfatti è una rivelazione talora difficile da accettare, per questioni morali, etiche, sociali, educative, religiose e di altro genere, ma se si è stati lontani dal giudicare se' stessi, quel bisogno è in fondo la nostra verità profonda. All'animale interiore servono poche cose, per lo più relative ai sensi, agli istinti, a questioni animalesche, ma non di meno vere e impellenti.
Riuscire ad aiutare se' stessi ad assolvere ai propri bisogni insoddisfatti è opera virtuosa, grandiosa, ma non meno difficile che i passaggi precedenti. Lasciarsi andare, lasciarsi portare a spasso dal proprio animale e non viceversa, richiede coraggio e talora incoscienza che non è disdicevole. Se l'avere coscienza significa vivere una vita di privazioni e doveri, allora vale la pena abbandonarla. Se non si fa del male ad alcuno, se non si violano le leggi del proprio o altrui paese, rispondere ai propri istinti è liberatorio e generatore di grande felicità.

È facile capire che il solo applicare la CNV a se' stessi è un lavoro poderoso, che richiede del tempo e tanto impegno. Quindi applicarlo nei confronti degli altri è di secondaria importanza, ma certamente una gran bella risorsa.
Poi c'è da dire che se la persona ha trovato il modo di comunicare con se' stessa, soddisfacendo i propri bisogni, è verosimile che sia una persona accogliente, con un bel cuore di giraffa, verso la quale gli altri offrono un lato collaborativo che spegne la discomunicazione. In altre parole voglio dire che comunicare senza violenza, estingue la violenza in tanti ambiti dell'umano vivere.

6. Ma come comprendere i veri bisogni altrui?

Attraverso quello che dice, anche se può essere sgradevole o scortese.
Proprio l'osservazione senza giudizio permette di capire il bisogno dell'altro. Per esempio, se l'altro ci accusa di non prestare attenzione, non significa che siamo disattenti in generale, ma disattenti ad un particolare dettaglio o ad uno specifico suo bisogno.
«Tu non mi ascolti mai!»
«Vuoi dire che non ti senti ascoltato?»
«Si, perché quando faccio o dico delle cose fai finta di nulla!»
«Senti che non ti do attenzione?»
«È come se tu non mi vedessi e mi infastidisce molto!»
«Quindi hai bisogno di più attenzione da parte mia...»
«Certo! Ho bisogno di potermi confidare con te!»
«Mi stai dicendo che ti fidi di me?»
«Eggià! Non mi sento giudicato se ti dico delle cose!»

Si evince, alla fine, che ciò di cui ha bisogno l'altro è di poter esprimersi e di non essere giudicato rispetto alle sue cose, ai suoi pensieri ed alle sue credenze. Ma non l'ha detto subito perché la mente, le sue credenze, i suoi freni inibitori, il suo giudice interiore non gli hanno permesso di farlo e solo avendo trovato la persona che non comunica da sciacallo e, soprattutto, non giudica e non sentenzia, si è sentito di poter esprimere il suo bisogno.
La modalità reciproca (ovvero ripetere una parte della sua frase, chiedendo conferma) fa sì che la persona si senta effettivamente accolta. È come se l'interlocutore si immedesimasse e questo fa mollare i freni.
D'altra parte a tutti è capitato di sentirsi particolarmente bene e a proprio agio con le persone che "capiscono" non solo il significato delle parole, ma tutto il costrutto emotivo che le veicola.


Comunicare

7. Niente compromessi

La CNV fatta bene deve mirare all'individuazione di un punto di incontro e mai, dico MAI, ad un compromesso.
Compromesso deriva dal latino "Compromissum" che, a sua volta, deriva da "Compromittere" ovvero "obbligarsi insieme", ossia la stipula di un contratto in cui chi si ritira deve pagare un dato indennizzo all'altro.
In altre parole il compromesso determina la nascita automatica di nuovi bisogni, primo fra tutti il bisogno di libertà che il compromesso stesso limita.
Il punto d'incontro non fa obblighi a nessuno perché la finalità è comune e non c'è nessuno che perda rispetto all'altro. Il punto di incontro è il punto in cui i due soggetti iniziano a vibrare alla stessa frequenza per portare armonia nella loro relazione, che non è un contratto, ma una cooperazione.

8. CNV e 5 Leggi

Ma come può essere d'aiuto il connubio tra CNV e 5LB nei riguardi di una persona affetta da un disturbo?
Dopo che la persona ha capito il sintomo, il foglietto embrionale di derivazione, la tematica attivatoria, i legami con il proprio vissuto psico-bio-emotivo, la CNV è utile nella modalità esposta al punto 5:

  1. Osserva se' stessa SENZA GIUDIZIO nei riguardi del vissuto bio-psico-emotivo;
  2. Vive e affronta l'emozione che ciò determina, evita di scacciarla, ma la accoglie;
  3. Si rende consapevole del proprio bisogno concreto insoddisfatto, senza filtri, freni e misteri;
  4. Chiede aiuto, concretamente, serenamente, offrendo la propria comprensione ai bisogni di colui/lei verso cui ha chiesto aiuto.

La finalità è quella di spostarsi dalla causa del proprio disturbo ed intraprendere una vita vissuta in modo differente, raggiungendo la vera guarigione.


Giorgio Beltrammi
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7. Conclusioni

La CNV è una metodica impegnativa non tanto nella sua applicazione fattiva, quanto per il dover abbandonare orgoglio, rigidità, odio, collera, paura, aspettative, vendette, sordità emotiva, passato e futuro.
La CNV è l'esercizio del presente, il radicamento nella realtà del momento.
Proprio questo "stare nel qui ed ora" è la parte difficile della CNV.
Con la CNV non esiste vinto e vincitore, si vince e/o si perde insieme.

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