Approccio Terapeutico
Aggiornamento 24 ottobre 2021
Se ciò che io dico risuona in te,
è semplicemente perché siamo entrambi rami di uno stesso albero.
William Butler Yeats
Traduzione e adattamento di Giorgio Beltrammi
1. Come approcciare la persona
La prima cosa che chiediamo ai nostri pazienti, dopo i loro dati personali, è «Come posso aiutarla?»
Questa è una domanda che di solito lascia sorpresi coloro che ci consultano. Vengono da noi con una serie di immagini radiologiche, test di laboratorio e i propri sintomi, che li portano a considerare che qualcosa non va nella loro salute, ma senza sapere da dove cominciare.
È molto comune che le persone, che sono già state da diversi medici ed eseguito trattamenti, vengano nel nostro studio e, di fronte alla continuità o all'aggravamento della loro malattia, decidono di provare qualcosa senza sapere bene cosa sia.
Uno dei comportamenti più comuni è quello di mettere sulla scrivania la TAC, prima che glielo chiediamo, come se fosse una diagnosi iridologica o una garanzia che provi la nostra idoneità come professionisti.
Mettiamo attentamente da parte la TAC e chiediamo di nuovo, questa volta con un tono più diretto: «Qual è il motivo della sua visita?»
A questa insistenza, il paziente di solito comincia a parlare, a raccontare la storia della sua malattia. Molti fanno annotazioni metodiche sui loro trattamenti e diagnosi, mostrando quanto tutto sia stato accurato, sotto l'occhio vigile del marito o della moglie, che di tanto in tanto annuiscono o rettificano le loro parole.
Una volta detto cos'è per loro la malattia - di cui scriviamo tutti i dati con le date esatte - ci avviciniamo non alla malattia, ma alla persona che è venuta a chiederci aiuto.
Hamer ci chiede di trattare i pazienti come se fossero nostri parenti. Con calore e senza arroganza. Considerando che anche se possono sembrare sfiduciati, sospettosi, diffidenti o disinteressati, sono lì con troppe speranze e troppe paure.
È bene dare loro una forte stretta di mano, un abbraccio o un bacio quando li si saluta. Si aspettano molto da noi. Fategli sapere che faremo tutto il possibile per aiutarli. Non è necessario mentire loro sulla loro condizione, ma non è nemmeno necessario distruggerli, con la scusa di "dire loro la verità". Non siamo i detentori della verità immutabile o la soluzione di tutti i loro problemi.
Siamo professionisti che indagano, conoscono e lavorano a partire da "ciò che è" e non da "ciò che dovrebbe essere".
Non possiamo essere più di quello che siamo. Né loro come pazienti né noi come agenti di supporto (ci sono molte cose che non sappiamo e che fanno parte del mistero della vita).
Il paziente da' al terapeuta la sua malattia, non la sua vita. Il terapeuta dovrebbe dare al paziente la sua esperienza e la sua guida, non le sue ipotesi.
Ecco perché le interviste con i nostri pazienti sono spesso le esperienze più arricchenti e commoventi della nostra pratica quotidiana. Essere in grado di ascoltare ed essere ascoltati.
Essere in grado di scoprire. Essere in grado di guidare. Essere in grado di servire. Vediamo come metterlo in pratica.
1.1 Dati personali
Quando si fa un'anamnesi, la prima cosa da fare (di persona e non da parte di una segretaria) è chiedere alla persona i suoi dati personali. Occorre "ascoltare" anche ciò che non viene detto. Come pronuncia il suo nome, se nasconde un secondo nome o un secondo cognome, se dà il suo nome da sposata o da nubile, se fa battute sul suo nome. Tutti questi dati ci permettono di avvicinarci fin dall'inizio al suo stile di vita nel mondo. Se è sposata, se ha figli. Se vive da sola. Cosa fa per vivere.
Si osserverà anche il modo con cui si siede. Se appoggia il braccio sullo schienale. Se si avvicina alla scrivania. Se sembra dominare la scena.
A volte si può fare un'osservazione sull'impressione che suscita in noi. Pensare molto quando si deve rispondere. Osservare anche l'accompagnatore prima di parlare, specie se appare molto ansioso.
Tutti i dati che raccogliamo nei primi momenti possono essere utili. Se quando si stringe la mano è molto fredda, se è sudata, se si allontana quando stringe la mano, ecc.
1.2 Motivo della consultazione
Nel motivo della consultazione, registreremo la prima cosa che la persona dice, anche se altre ragioni si svelano in seguito. Lo scriviamo letteralmente: "Ho una macchia sul polmone", o "Ho qualcosa che non va nel mio intestino". Poi chiariamo le diagnosi secondo la terminologia abituale.
Quando la persona ha finito di rispondere, occorre chiedere nuovamente «Che altro?» che dovrebbe essere la frase più usata nell'intervista. Abbiamo bisogno che la persona parli. Vogliamo ascoltarlo. Non abbiamo interesse a mettergli fretta. Poi ci concentriamo sulla storia del storia della malattia.
1.3 Malattia attuale
Devono essere specificate le date di insorgenza dei sintomi o degli esami effettuati.
Per ogni esame, chiedere cosa ha provato in quel momento. Quanto tempo è trascorso tra la comparsa dei sintomi e la diagnosi. Se ha percepito dubbi o gesti allarmanti da parte di medici o parenti. Occorre prendersi tempo necessario per ascoltare la sua storia. Non importa se ha "menato il can per l'aia". In quel divagare si cono tante informazioni preziose.
Osservare attentamente come la persona si esprime quando parla della sua malattia, se piange, se sembra parlare di qualcun altro, se non mette emozione in quello che dice, se esprime panico, disperazione, ottimismo. Se trova difficile parlare della sua malattia "come se fosse innominabile".
Non si tratta di ascoltarla solo al fine di farla sfogare. Sta dando, in quel momento, qualcosa di molto prezioso. Il modo di ascoltare "ciò" ha un effetto profondo sulla visione che la persona ha di "ciò" che gli sta succedendo. È necessario dargli tempo.
Mantenere il silenzio quando lui/lei si commuove. Sorridere per incoraggiarla, guardandola con affetto, non con pietà. Lo sguardo del terapeuta è fondamentale nella valutazione che la persona ha della sua malattia. No si tratta solo di esperienza (come mera ripetizione di atti) ma di vera arte del saper ascoltare e guidare l'intervista. Un'intervista mal guidata può scatenare nuovi conflitti, con probabili nuove malattie, o attivare conflitti latenti.
Il terapeuta MAI deve provocare paura. La sua immagine dovrebbe essere di sicurezza, ma non di distanza. Dovrebbe dare indicazioni, mai ordini. Il rispetto è molto diverso dall'obbedienza.
Una volta che la persona ha parlato della sua malattia come fatto fisico per cui ha chiesto consulenza, occorre approfondire l'indagine sul suo carattere, sul suo modo di essere.
1.4 Carattere
Questo genera rapidamente una de-drammatizzazione di ciò che ha raccontato e allo stesso tempo sorprende la persona, che non era disposta a parlare di sé, ma della sua malattia.
È comune, se viene accompagnata, che cerchi di farsi definire dall'altra persona. E se viene da sola, di solito dice di non sapere cosa dire. A questo punto, chiariamo che abbiamo bisogno di conoscerla per sapere come aiutarla meglio e che è essenziale che le definizioni su di lei siano fatte da lei stessa.
Se ha difficoltà a farlo, dopo aver aspettato pazientemente, cominciamo a fargli alcune domande. Se è irritabile, impulsivo o riflessivo. Se gli impulsi sono espressi in azioni o se li "ingoia". Qual è la sua opinione di se stessa?
Gli chiediamo di raccontarci alcuni esempi dei suoi atteggiamenti verso ciò che considera ingiusto. Se si ritira o cerca di conciliare quando gli altri discutono con lui. Se l'irritabilità scompare immediatamente o ha difficoltà a calmarsi. Se gli piace la solitudine o se questo gli provoca angoscia. Parliamo di paure. Di malattia. Di solitudine. Di qualcosa di brutto che accade alle persone care. Sarà importante sapere anche se è ordinata al lavoro e a casa. Se è meticolosa, metodica. Se è puntuale o sempre in ritardo.
Sa esprimere ciò che sente? È affettuosa, espressiva? Trova difficile mostrare i suoi sentimenti? Quando è arrabbiata, preferisce non essere avvicinata da nessuno? Cerca di parlare dei suoi problemi con le persone care? Si sente considerata o non abbastanza amata? È possessiva nei suoi affetti?
Cosa le piace mangiare, se è sedentaria, se ha abitudini tossiche? Fa sogni che si ripetono o che ricorda?
Sono queste e altre domande che ci danno un'idea del carattere e della personalità della persona che soffre di una malattia. che soffre di una malattia.
Uno strumento molto efficace è scoprire il suo enneatipo e questo comporta l'aver studiato l'Enneagramma, a cui rimando il lettore (n.d.t).
Con le sue risposte potremo ricostruire "il suo modo di essere nel mondo", che ci aiuterà a capire perché si è ammalata, per trovare il significato della sua malattia e per aiutarla a seguire le vie della guarigione. Inoltre, la sua storia ci guiderà al tipo di costellazioni su cui si basa la malattia.
Una persona depressa con fasi maniacali è molto probabile che abbia un FH nella zona bulbo-duodenale (difficoltà ad assimilare i contrattempi territoriali) che si trova nella corteccia temporale destra, in costellazione con un FH nell'area del retto (non sapere quale decisione prendere) che si trova nella corteccia temporale sinistra.
Qualcuno che riferisce sensazioni di levitazione o galleggiamento avrà un FH nella zona frontale-laterale destra, che corrisponde ai bronchi (minaccia di invasione del territorio), in costellazione con un FH nella zona frontale-laterale destra, che corrisponde alla zona frontolaterale sinistra, corrispondente alla laringe (paura o panico di fronte a un pericolo inaspettato).
1.5 Test del battito di mani
A questo punto è essenziale chiedere alla persona di battere le mani, per osservare quale mano faccia da martello e poter definire la dominanza cerebrale. Come sappiamo, l'equilibrio ormonale definisce in che modo e dove i conflitti vanno ad impattare sulla corteccia cerebrale, quindi occorrerà chiedere se la persona fa uso di farmaci ormonosoppressori (anticoncezionali, chemioterapici antitumorali) o se la persona sia in menopausa od andropausa.
1.6 Lettura della TAC
Successivamente, se la persona ha una TAC del cervello e se si è in grado di leggere tale esame, si riceveranno preziose informazioni oggettive. Se ci sono FH attivi o con edema, glia in eccesso, costellazioni, ecc.
L'osservazione della TAC cerebrale deve essere fatta con una lente d'ingrandimento e richiede una conoscenza preliminare dell'aspetto normale e di quello patologico del cervello e si tratta di competenza medica. Se non si ha esperienza in merito, meglio evitare di interpretare malamente i veri artefatti radiologici.
Le scansioni TAC sono soggette a interpretazione e dovrebbero essere correlate al quadro clinico e non essere considerate come il solo reperto più importante nel colloquio. Se l'informazione è significativa, va comunicata alla persona.
Non è sempre facile osservare un FH in quanto molti di questi vengono rimossi da un software dedicato. L'edema della conflittolisi si vede meglio con il contrasto e spesso fornisce dati altrettanto rivelatori del FH attivo. Lo stesso vale per i segni indiretti causati dall'edema.
1.7 Esame clinico
Tanto utile quanto la TAC è l'esame fisico della persona. Il calore o la freddezza delle sue mani, il suo polso, il suo tono muscolare. Ciò viene fatto per aiutare la diagnosi: palpare gli organi, osservare le radiografie, leggere i test di laboratorio, ecc. I dati che emergono da questi studi sono valutati in relazione alle 5 Leggi Biologiche e spesso non hanno la stessa interpretazione della medicina convenzionale. In nessun modo la TAC sostituisce la clinica, che rimane la vera arte medica.
Una volta che il motivo della consultazione, la storia della malattia, le caratteristiche personali del paziente e sono state valutate immagini e referti disponibili, il passo successivo è quello di indagare sulla storia della persona.
1.8 Storia della persona
Il fatto di sapere o meno come condurre questa parte dell'intervista dipenderà dalla nostra conoscenza delle 5LB. Si comincerà con lo scoprire le diverse malattie vissute dalla persona. La sua reazione ad esse. Gli stati d'animo e i sintomi che sono apparsi fugacemente a volte prima della attuale malattia.
Anche se i sei mesi che precedono l'insorgenza della malattia sono considerati come quelli che trascendono dalla sua comparsa, ciò può indicare se la lesione è di origine endo, meso o ectodermica. Similmente se la diagnosi è stata fatta per caso (routine, incidenti, lavoro) o se il primo sintomo a comparire è stato un sintomo di conflittolisi (ematuria, polmonite, ecc.).
Tutto ciò dovrebbe essere considerato per tenere traccia del conflitto scatenante ed evitare di fare ipotesi rapide che coincidano a ciò che non necessariamente corrisponde.
È qui che la TAC può fornire un aiuto importante. Ma, allo stesso modo, è la parola del paziente e il suo stile di ricostruzione della sua storia che aprirà la strada.
Tutti gli aspetti della vita del paziente devono essere considerati. Lavorativo, emotivo, familiare, sociale. Se conosciamo il suo modo di essere, è nel suo rapporto con l'ambiente che troveremo il conflitto o i conflitti che lo hanno sorpreso in modo tale da spostarsi nel territorio dell'Impossibile.
Nella storia della persona, la storia della malattia emergerà chiaramente. Dalla nascita (i ricordi d'infanzia, le paure, le speranze) alla sua maturità. Occorre riconoscere i suoi mandati familiari, le sue storie impossibili, i suoi desideri proibiti.
Passeremo in rassegna la sua storia, la sua formazione, le sue relazioni, il suo matrimonio, il suo rapporto con il coniuge e i figli. Li sente come suo territorio? Come vive la sua professione, il suo lavoro, cosa è successo? Ci sono state slealtà, competizioni, separazioni, perdite?
Occorrerà indagare come detective, senza accontentarsi.
1.9 I binari secondari
Quali sono state le circostanze dell'evento? Quelle persone, quei luoghi, fanno ancora parte della vita della persona a consulto?
Nelle lesioni che vengono diagnosticate dopo la risoluzione del conflitto, è necessario conoscere la data esatta e le circostanze che hanno scatenato la conflittolisi (CL). Questo è molto importante perché molti tumori che appaiono dopo la CL continuano a crescere e questo è dovuto al fatto che la soluzione è stata interrotta da binari o attivazioni secondarie.
Conoscendo le circostanze e gli eventi che hanno portato alla guarigione, così come quali binari riportano alla riattivazione della malattia, i pazienti possono prendere coscienza di quali fatti devono risolvere e da quali situazioni devono stare lontani.
Qualche tempo dopo si è presentata per un motivo che non aveva "nulla a che fare" con il suo tumore. Suo nipote di 18 anni, che lei adorava, stava partecipando a riunioni politiche con suo nonno. Questo la stava facendo crollare. Viveva in un costante stato di allerta e il suo ritornello costante era: «Non me lo porteranno via come hanno fatto con mio marito».
Avendola conosciuta per la sua precedente malattia, l'ho avvertita dell'attivazione dei binari secondari. Ricordo sempre la sua risposta: «So che sarò in grado di controllarlo».
Ho parlato con la sua famiglia. Era inarrestabile. Era disposta a fare qualsiasi cosa, «Se necessario, entrerò con un secchio di benzina e brucerò tutti i quartier generali del partito».
Dopo due mesi, ha cominciato a mostrare segni di occlusione intestinale e nel giro di tre settimane è morta.
Hamer sosteneva che uno dei momenti più pericolosi della malattia è quando il paziente sente di poter dominare le circostanze che lo hanno fatto ammalare. È molto importante prevenire questo momento, facendo capire alla persona che l'ambito biologico è senza dubbio più potente di quello psicologico e che bisogna essere consapevoli delle "trappole della vita".
1.10 Storia familiare
Nella storia della persona occorrerà tener conto anche della sua storia familiare. Genitori, fratelli e sorelle, nonni.
Come ricorda di aver vissuto con loro, evidenziando i miti familiari e i mandati che ne sono scaturiti. La morte di persone care, la data e le cause. Si costruirà un "romanzo familiare" in cui il paziente assumerà un ruolo che spesso è stato impostato dalle generazioni precedenti.
1.11 Credenze
Analizzeremo anche le sue convinzioni. Fondamentalmente è necessario determinare quale relazione la persona crede ci sia tra la sua malattia e gli eventi della sua vita.Le credenze giocano un ruolo fondamentale nell'origine e nel trattamento della malattia. Se il paziente crede che il cancro lo ucciderà (non importa quello che dice, ma quello che crede), è molto improbabile che il trattamento abbia successo. Le credenze della persona devono essere affrontate con la stessa enfasi delle lesioni organiche.
Dopo aver ascoltato la storia della malattia, indagato nelle varie informazioni, letto la TAC e sviluppato la storia del soggetto malato, si arriverà ad una diagnosi psicobiologica che proporrà un trattamento di conseguenza.
2. Diagnosi psicobiologica
Si basa su cinque parametri:- Determinazione del DHS
- Stato neurovegetativo attuale
- Tipo di danno all'organo
- Impatto dell'organo
- Significato biologico della malattia
2.1 Determinazione della DHS
Uno o più eventi conflittuali possono essere rilevati. La persona ha bisogno di viverlo/i in tutta la loro grandezza e, se necessario, saranno drammatizzati.
Sarà classificato secondo i concetti appresi (conflitto di minaccia del territorio, svalutazione, sradicamento, ecc.), determinandone i parametri biologici, immaginativi e soggettivi per scoprire se il conflitto è attivo o meno. La data in cui si è verificato e le circostanze relative (eventi e situazioni secondarie) saranno determinate con precisione. Una corretta diagnosi della DHS può essere l'inizio della sua soluzione, se è ancora attiva.
Molte persone, nel prendere coscienza del fatto decisivo alla comparsa della loro malattia, compiono un salto di qualità nella loro esistenza.
Alle undici di sera dello stesso giorno, la paziente chiamò e, molto ansiosa, disse che non poteva andare a dormire senza dire qualcosa di cui si vergognava.
Tre anni prima aveva scoperto che suo padre abusava sessualmente della figlia di cinque anni. Aveva quindi lasciato la casa di suo padre con la sua famiglia e non l'aveva più visto.
Tre mesi prima della consultazione suo padre l'aveva chiamata, le aveva chiesto perdono e le aveva proposto di vivere di nuovo insieme. La donna aveva risolto il conflitto di separazione, ma le circostanze secondarie (la possibile convivenza con il padre) lo riattivavano. Dopo una conversazione di più di un'ora al telefono si è stati in grado di parlare di come tutto ciò avesse influito sulla sua malattia.
La donna ha chiamato di nuovo al mattino e ha detto che alla fine della conversazione aveva chiamato il padre e gli aveva detto che lo perdonava davvero, ma che non era conveniente vivere di nuovo insieme. Ha detto che dopo la conversazione di quella notte, sentiva di aver capito che la sua vita era in gioco in tutti questi eventi. Che si era resa conto che il suo panico era sparito e che se avesse fatto ciò che era giusto, anche la sua malattia sarebbe passata.
Una settimana dopo, ha subito un intervento chirurgico non mutilante e ha posto fine alla sua malattia.
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2.2 Stato neurovegetativo attuale
Viene determinato se è predominante il tono simpatico o vagale nella malattia attuale. Vengono annotati i segni e sintomi fondamentali (mani fredde, insonnia, dimagrimento, affaticamento, anemia, ecc.) e se sono in relazione alle date in cui si sono verificate DHS, CL o CE.
Occorre tener conto della assunzione o meno di farmaci che possano alterare il tono vegetativo. I sedativi possono trasformare un conflitto acuto in uno cronico. Anche la somministrazione di antidepressivi, ormoni, corticosteroidi, analgesici, ecc., lo altererà e il suo uso dovrebbe essere tenuto in considerazione.
2.3 Tipo di lesione organica
Viene diagnosticata con metodi convenzionali; indici di laboratorio, immagini radiologiche, studi patologici, ecc.
Le malattie verranno diagnosticate dal foglietto embrionale colpito, per il quale è necessario conoscere l'evoluzione che ciascuno di questi ha prima del conflitto biologico (proliferazione cellulare, necrosi, ulcere). Un esempio: lesione endodermica che si trova nel colon sigmoideo in fase proliferativa.
Per quanto riguarda i tumori secondari, non saranno valutati secondo la regola della metastasi ma come tumori secondari, causati da conflitti diversi (molte volte iatrogeni).
2.4 Ripercussione cerebrale
La diagnosi tramite TAC non solo ci aiuterà a distinguere i diversi conflitti e a quale stadio si trovano, ma anche a valutare il tono cerebrale e osservare la presenza di edema, eccesso di glia e compressioni che devono essere presi in considerazione per determinare l'evoluzione della malattia.
Sappiamo che la Crisi Epilettoide è la complicazione più frequente a questo livello e che può essere pericolosa per la vita del paziente. Possono essere prevenute con una scansione TAC, a volte con quindici giorni di anticipo, e possono essere somministrati farmaci per mitigare il loro effetto.
- la posizione del FH;
- il loro stato attivo, in riparazione o in equilibrio;
- la presenza di edema;
- la presenza di cicatrici residue (metastasi);
- la valutazione ortodossa dello stato delle strutture cerebrali.
2.5 Il significato biologico della malattia
Al momento della diagnosi, non solo il significato biologico della malattia dovrebbe essere notato, ma anche il significato compensatorio dei vari sintomi mentali e le frequenti costellazioni cerebrali.
Una donna di 35 anni, destrimane, insegnante d'asilo, si consulta per obesità resistente a diversi trattamenti, ritenzione di liquidi nelle palpebre e nei piedi, bulimia e depressione da quattro anni, trattata con inibitori della ricaptazione della serotonina. Soffre anche di irsutismo da sei anni ed è stata trattata con ormoni.
- conflitto di svalutazione
- conflitto di sradicamento
- conflitto di ripugnanza
- conflitto di contrarietà indigesta contrarietà
- conflitto di frustrazione sessuale
La paziente, originaria di un'altra regione lasciata per mancanza di lavoro, si ritrovava a non avere un lavoro e aveva chiuso una relazione un anno prima. Aveva una figlia di otto anni che doveva mantenere e si sentiva molto svalutata nella sua immagine di sé a causa delle sue difficoltà economiche ed emotive. Il suo ultimo partner aveva cercato di "palpeggiare" sua figlia (ripugnanza) e questo, insieme alla mancanza di lavoro, le stava causando una situazione di risentimento che non poteva "ingoiare".
L'irsutismo era legato al fatto di non sapere quale strada o decisione prendere. L'obesità era una costellazione di conflitti di svalutazione, risentimento e ripugnanza (questi hanno spiegato la bulimia).
La depressione era una costellazione in entrambi gli emisferi cerebrali legati alla frustrazione sessuale.
La ritenzione di liquidi ha a che fare con lo sradicamento (vivere fuori dal proprio ambiente, sindrome del profugo) che coinvolge i tubuli collettori renali.
Con questi dati, non c'era dubbio che il significato dei suoi sintomi era quello di farle trovare "il suo posto nel mondo", come madre, come partner e come persona capace di riconoscersi.
Quando ha capito questi significati e le sue reazioni organiche ai conflitti, si è tentato un approccio terapeutico.
- riconquistare il suo posto (professione, famiglia, luogo);
- trovare un partner che la consideri come donna e come madre per rivalutarsi come persona;
- essere in grado di sentirsi sicura per prendere decisioni;
- essere in grado di prendere le distanze dalle circostanze secondarie;
- mantenere la compensazione psichica fino soluzione reale dei conflitti;
- riconquistare il dominio cerebrale naturale.